Lo chiamavano ol gat de marmo. Forse a significare che da un difensore di fascia sinistra come lui, coevo di un Facchetti ma con qualche oncia di talento in meno, ci si aspettava qualche discesa in più e non il mero compitino da mastino della terza linea. Il ruolo ricoperto ai giorni nostri da Chicco Peluso, nondimeno, nel pieno dei mitici Anni Sessanta fu di Franco Nodari, gandinese purosangue e atalantino a denominazione di origine controllata che oggi spegne ben settantatré candeline. Uno che può rivendicare di aver giocato da titolare l'esatta metà delle dodici stagioni disputate in nerazzurro, dal 1957 al 1970, nonché di aver iscritto il suo nome sull'unico trofeo conquistato dalla Dea nel corso della sua lunga e gloriosa storia: la Coppa Italia del 1963.

Nato a Vertova il 13 gennaio 1939, da buon esponente di una stirpe con il lavoro e il sacrificio nel sangue dovette faticare come un mulo per guadagnarsi un posto al sole. L'esordio concessogli da Carlo Rigotti in una catastrofica trasferta a San Siro con scoppola subìta dal Milan (5-0, il 27 ottobre 1957), infatti, ebbe il solo seguito delle due presenze in B nell'annata successiva. E lui, stanco di rimanere a guardare dietro i vari Roncoli (dirottato sulla mancina dalla presenza del veterano Cattozzo) e Griffith, nel 1961 si accasò al Chieti per una salutare dose di gavetta. Tornato alla base, quella mitica partita meneghina contro il Torino del 2 giugno 1963 con tripletta di Domenghini che valse il trionfo a strisce nerazzurre gli consegnò il posto fisso cui tanto agognava.

Agevolato anche dal "pensionamento" della bandiera Roncoli, fino almeno al 1969 - anno di una nuova retrocessione - sulla mancina non ebbe rivali, formando una coppia di terzini a prova di bomba con Alfredo Pesenti prima e Cianino Poppi poi. Vivendo un'epoca eroica in cui ebbe il tempo di assistere al ballottaggio tra Pizzaballa e Cometti tra i pali, e anche all'esplosione di un certo Beppe Savoldi. Senza mai segnare un gol nemmeno per scherzo. Perché lui, il gatto di marmo, di mestiere doveva evitare che riuscissero a farne al suo portiere. E lasciò Bergamo solo per gli spiccioli di carriera, una coda onorevole spesa tra Savoia, Casale e Canelli per chiudere a 35 primavere un'onorevole parabola agonistica nobilitata da 161 presenze in campionato (4 cadette) con i colori che gli fasciano il cuore. Augurissimi.

Sezione: Auguri a... / Data: Ven 13 gennaio 2012 alle 10:00
Autore: Simone Fornoni
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