Se tre indizi fanno una prova, a Verona è arrivata la smentita che nessuno voleva leggere. L'Atalanta vista al Bentegodi è la brutta copia, sbiadita e arrogante, della macchina da guerra ammirata contro Eintracht e Genoa. Pensare di aver risolto tutti i problemi con una settimana perfetta è stato l'errore imperdonabile di un gruppo che, evidentemente, non ha ancora la maturità per gestire i complimenti. Farsi travolgere da un Verona che finora non aveva mai vinto, riesumando una squadra che sembrava sportivamente defunta, è un peccato capitale. Non è stata una sconfitta, ma un'autentica lezione di umiltà impartita da chi aveva più fame, più cuore e, paradossalmente, più idee.

GALLERIA DEGLI ORRORI – L’illusione è durata venti minuti, giusto il tempo di vedere Hien sbattere su Montipò. Poi, il buio. Quello che è successo tra il 28’ e il 36’ del primo tempo è materiale da film horror per la fase difensiva nerazzurra. Vedere Djimsiti farsi saltare con irrisoria facilità da Belghali è un campanello d'allarme, ma l'assist involontario di Krstovic sul raddoppio veronese è l'emblema della confusione totale. Un rinvio di testa sbilenco, goffo, indegno per certi livelli, che ha apparecchiato la tavola per il bolide di Giovane. La difesa, che fino a ieri sembrava un bunker imperforabile, si è sciolta come neve al sole (o meglio, nella nebbia) di fronte alla prima vera pressione avversaria.

NEMMENO L'ORGOGLIO – Chi si aspettava la reazione rabbiosa nella ripresa è rimasto deluso. Le mosse della disperazione di Palladino – dentro Scamacca e Kolasinac per provare a salvare il salvabile – hanno prodotto il nulla cosmico, se non un rigore tardivo e inutile per le statistiche. Anzi, la Dea ha rischiato l'umiliazione totale, concedendo ripartenze suicide che hanno portato al tris di Bernede. L'immagine della resa non è tanto nel punteggio, quanto nel tunnel che un indemoniato Mosquera ha rifilato a Hien nel finale: un gesto tecnico che ha certificato la superiorità psicologica degli scaligeri su una retroguardia nerazzurra in stato confusionale, incapace di opporre anche solo un fallo tattico.

ALLARME ROSSO – Il 3-1 finale è una sentenza che non ammette appello. La "cura Palladino", tanto decantata negli ultimi giorni, ha mostrato il suo primo, grave effetto collaterale: la mancanza di continuità mentale. Non si può passare dall'essere dominanti in Europa a farsi prendere a pallate dall'ultima della Serie A nel giro di tre giorni. Se la testa era già al Chelsea, il risveglio è stato traumatico. Con questo atteggiamento molle e svagato, martedì sera non si rischia solo la sconfitta, ma la figuraccia internazionale. A Verona non si è perso solo tre punti: si è persa la faccia.

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Sezione: Altre news / Data: Dom 07 dicembre 2025 alle 00:00
Autore: Daniele Luongo
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