Ecco le parole di Allegri, tecnico della Juve, alla vigilia della sfida contro l'Atalanta.
Quando ha capito che era finito il ciclo?
"Ci siamo parlati per il bene della Juventus e la società poi ha fatto le sue valutazione. I rapporti con Agnelli, Nedved e Paratici sono ottimi, non cambia niente. Qui ho trovato una società ben organizzata, cito anche Marotta. Questo era il momento per lasciarsi nel migliore dei modi. Lascio una società con un presidente straordinario, Fabio e Pavel stanno crescendo ancora. Voglio ringraziare anche Barzagli che lascia il calcio, un vero professore della difesa. Domani dovrà essere una vera festa".
Come vive questa situazione?
"Serenamente. Nei rapporti professionali ci si può sempre dividere, è fisiologico. Ho letto tante cose, le mie richieste alla società, ma non siamo neanche arrivati a parlare di questo. Abbiamo capito prima che era arrivato il momento di lasciarci. Ci siamo incontrati due volte e poi è stata presa la decisione: tutto è stato molto più semplice di quello che sembra. Siamo orgogliosi dei 5 anni straordinari che abbiamo passato insieme. Sono contento ed emozionato di aver allenato questa squadra".
Crede di aver pagato le critiche sul gioco ricevute in queste ultime settimane?
"Non credo. Ci sono stati tanti dibattiti ma alla fine di tutto la cosa che conta è centrare gli obiettivi. Abbiamo portato a casa campionato e Supercoppa, giocare bene o male non importa, l'importante è portare a casa i risultati. Un allenatore deve analizzare la prestazione più del risultato ma molto spesso è proprio il risultato a cambiare le opinioni. Uscire dal campo pensando di aver giocato bene ma non aver vinto non fa per me, a calcio bisogna vincere le partite. A Cagliari ho iniziato facendo zero punti in cinque partite, non giocavamo male ma i risultati non c'erano. Anche difendere non è vergogna, La partita che abbiamo giocato a Cardiff l'abbiamo persa perché il Real Madrid ha difeso meglio di noi. Non ho ancora capito cosa significhi giocare bene, qualcuno deve spiegarmelo. In tutti i ruoli ci sono delle categorie, c'è chi vince e chi perde. Se uno non vince mai ci sarà un motivo, no? Non si può andare avanti solo con la teoria, c'è un mestiere da fare. Guardiamo Cellino: col Cagliari non è mai retrocesso, a Brescia ha riportato la squadra in A in un solo anno. È più bravo degli altri".
Va via perché non può fare l'allenatore manager?
"Assolutamente no, sono sempre stato coinvolto dalla società in tutto. Dai programmi societari al livello tecnico dei giocatori. Sono un allenatore aziendalista, ma non perché sono uno yes man, non è così. Un tecnico deve conoscere tutte le problematiche che la società ha. A me questo piace molto, magari quando smetterò avrò un ruolo dirigenziale, mi ha sempre appassionato".
Si sente juventino?
"Lo ero anche quando giocava Platini, mi affascinava quando giocava. Quando ha smesso mi sono un po' distaccato. Ho fatto parte di questa famiglia, la proprietà è qui da 120 anni, il DNA è chiaro e vincente. Sono cresciuto molto qui".
Si è chiesto perché non ha conquistato tutta la tifoseria?
"No, perché i tifosi sono stati sempre calorosi verso di me e mi hanno trasmesso tanta stima e tanto affetto. Vivo di emozioni, altrimenti non potrei fare questo lavoro ma è normale che non si possa mettere tutti d'accordo. La contraddizione comunque è una cosa che ti fa crescere. Sono arrivato in mezzo a una contestazione ma il giorno che ho varcato la porta del vecchio ippodromo ho sempre pensato che il mio cavallo, in quel luogo, aveva vinto per tre volte".
Dove si immagina l'anno prossimo?
"Ora non so niente. Domani dobbiamo andare in campo e festeggiare. Magari una pausa mi farebbe anche bene ma staremo a vedere. Magari a luglio mi prenderà voglia ma non dipende solo da me, devo guardare cosa c'è in giro e fare le mie valutazioni. Se dovrò stare fermo un anno mi dedicherò a me stesso e alla mia famiglia. Ora penso solo alla festa di domani".
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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