Il violento sfogo di Emre Can dopo l’esclusione dalla lista Champions, ha sconvolto il mondo ovattato della Juventus. Difficile ricordare una roba del genere, cose che succedono nelle altre società, negli ultimi vent’anni sarà successo tre o quattro volte che un giocatore bianconero abbia preso cappello per attaccare pesantemente l’allenatore e non solo. L’ultimo, forse, Lichtsteiner escluso (anche lui) dalla lista Champions.
La vicenda Emre Can fa doppiamente scalpore perché è sfuggita anche all’abilissima contraerea delle comunicazioni bianconera e stranamente ha preso tutti in contropiede, complice forse il ritiro della nazionale tedesca e la sosta per le qualificazioni agli Europei. Comunque è successo e indietro non si torna.
Le scuse parziali del centrocampista sono solo una normale evoluzione della vicenda, un qualcosa che serve a tamponare pubblicamente, ma non risolve il problema.
E in troppi stanno sottovalutando la vicenda forse per non disturbare il manovratore che in genere non va disturbato soprattutto se bianconero. Errore, clamoroso errore. Per il bene della Juve i riflettori vanno accesi. Emre Can è un fortissimo campanello d’allarme che deve essere ascoltato e analizzato per evitare di compromettere o anche soltanto intaccare un lavoro di grandissimo livello e una squadra straordinari.
Capiamoci subito, tanto per evitare equivoci social: nessuno ce l’ha con la Juventus. Anche in questo mercato ha fatto grandi cose prendendo giocatori a parametro (Ramsey e Rabiot), portando a casa il difensore giovane che tutti volevano (DeLigt), la squadra è oggettivamente più forte (Higuain lo metto fra gli acquisti importanti) e va dato atto a Paratici di avere avuto il solito fiuto e la solita abilità. Ma il direttore orfano di Marotta, ha mostrato anche evidenti limiti nei rapporti non riuscendo a forgiare la rosa nella misura giusta per favorire i piani di un allenatore che se potesse lavorerebbero con undici giocatori soltanto.
Il mercato in uscita, diciamolo, è stato un fallimento. Paratici non è riuscito a vendere nessuno dei giocatori che, chi prima chi dopo, sono stati infilati in contrattazioni o hanno avuto richieste, da Dybala a Higuain stesso, da Mandzukic a Emre Can, ma anche Rugani e altri. All’inizio, prima della preparazione, perfino Khedira e Matuidi sono stati proposti in uscita. Nada de nada. Per un motivo o per l’altro alla fine sono rimasti tutti e il povero Sarri oggi si ritrova con una rosa di 22 potenziali titolati, più i tre portieri.
La vicenda, naturalmente, è esplosa. La lista Champions ha fatto divampare le polemiche. Si narra di un confronto vis a vis piuttosto franco (in termini diplomatici), fra l’allenatore e Paratici. In Toscana si direbbe che sono andati alle mamme, con tutto il rispetto delle mamme. E il perchè è facilmente immaginabile. Sarri aveva chiesto una rosa più umana, diciotto-diciannove elementi più i portieri. Una rosa da grande squadra, ma comunque più gestibile per il lavoro che tutti i giorni vuole fare lui e che diventa dispersivo, se non impossibile, quando è allargato a troppi giocatori. Qui il problema è moltiplicato perchè non soltanto Sarri pensa di lavorare peggio sul piano calcistico-didattico, ma anche perchè gli scontenti, quelli con il muso, possono creare un clima negativo capace di condizionare la partenza di un progetto innovativo come quello sarriano. Un conto è tenere sempre fuori Diawara o Tonelli, come succedeva a Napoli, un altro farlo con i campioni della Juve.
Qualcuno dirà che i grandi allenatori devono saper gestire le grandi rose e questo è ovvio. Al Napoli no, ma al Chelsea Sarri aveva una rosa ampia. Le cose sono andate discretamente solo per la presenza costante e debordante della società e proprio su questo discorso sarebbe caduto il confronto fra Paratici e Sarri.
Il discorso dell’allenatore è logico. Ha detto, in sostanza: siete state voi a non vendere quei tre-quattro giocatori in esubero come avevamo concordato, adesso non potete buttarmi addosso le responsabilità della loro gestione e delle scelte più antipatiche. Cancellare due giocatori importantissimi come Emre Can e Mandzukic dalla lista Champions è stato molto duro e l’allenatore si è sentito solo. Avrebbe dovuto essere la società a proteggerlo, prevenendo certi sfoghi e prendendosi la responsabilità dell’esclusione. In fondo le cessioni le ha toppate Paratici e non Sarri che ha ben altri compiti. Metterla sulla scelta tecnica è facile, ma l’esclusione di Mandzukic o Emre Can non è soltanto una scelta tecnica.
Così, d’improvviso, s’è scoperto il tallone d’Achille di una squadra che sembra ancora una volta invincibile e contro il Napoli ha impressionato per sessanta minuti.
Emre Can c’è andato giù durissimo. Immediatamente sui social s’è schierato dalla sua parte Pjanic, un giocatore non da poco. Ma c’è chi si aspetta anche uno tsunami chiamato Mandzukic.
Ma vi immaginate uno come il croato, uno dei giocatori più importanti degli ultimi anni, che d’improvviso viene messo da parte? Secondo voi cosa starà pensando?
E’ vero che ha rifiutato diverse opportunità di mercato, ma è altrettanto vero che l’esclusione dalla Champions è un colpo che forse non si aspettava. Come reagirà? La contraerea sta lavorando. Si cerca una soluzione last minute, magari nei paesi Arabi, ma il giocatore ha ancora voglia di calcio vero. Il croato resta una bomba innescata che si aggira nello spogliatoio e il mercato di gennaio è lontanissimo.
Ma una rosa troppo numerosa rischia di incidere anche sul lavoro di tutti i giorni. Facciamo un esempio. A centrocampo giocano in tre, Pjanic, Khedira e Matuidi. Le rotazioni vanno bene, il turn over pure, ma quanto resisteranno giocatori come Rabiot, Ramsey, Bentancur o lo stesso Emre Can a fare qualche minuto, una partita ogni tanto o una sostituzione via via? Il discorso, ovvio, vale per tutti i reparti.
Allegri era un grande gestore di spogliatoio eppure anche a lui qualcuno e qualcosa è sfuggito di mano (Higuain, Dybala, ma non solo) e la rosa non era così qualitativamente alta e numerosa, figuriamoci le difficoltà di Sarri che è un uomo di campo, del lavoro quotidiano, delle scelte esclusivamente tecniche e poco diplomatiche.
Questo rischia davvero di diventare il problema di una squadra che sulla carta problemi ne ha davvero pochi. Ecco perchè Sarri ha richiamato la società alle sue responsabilità, un avvio a dir poco pirotecnico e difficile anche per la malattia dell’allenatore. Per fortuna in campo (per ora) la squadra dimostra di avere già un buon feeling con la nuova filosofia di gioco e con alcuni dei principi sarriani.
Quindi è semplicistico commentare, più giocatori buoni ci sono e meglio è, un ragionamento da tifosi e poco applicabile alle difficoltà di fare calcio a così alto livello dove gli equilibri sono sempre delicatissimi.
Delicati come i bilanci. La dimostrazione che il mercato in uscita non ha funzionato arriva anche dalla proiezione dei bilanci che saranno presentati soltanto il 19 settembre. La Juve si avvia a chiudere con un passivo da 40 milioni e Agnelli sa benissimo che la casa-madre non gradisce i buchi. Il fair play finanziario neppure.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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