Siamo a un bivio della nostra epoca. Non solo calcistica, ma l'umanità non ha mai vissuto, in un'era digitale, quello che è successo con il Coronavirus. Ci siamo arrivati impreparati, noi giornalisti, noi persone comuni, ma non solo. Anche i virologi non se la passano benissimo, visto che da settimane riempiono le prime pagine dei giornali, rilasciano dodici interviste al giorno che neanche i calciatori nel dopopartita - a differenza che i giocatori non ne avrebbero voglia - e cambiano idea come la donna del Rigoletto cantata da Pavarotti. Il corso degli eventi ci supera, quello che è successo a Bergamo e Brescia è un capitolo, il resto d'Italia totalmente un altro. Merito del Governo? Demerito di Fontana e Gallera? Solo fortuna? Il virus legato all'inquinamento? Tornerà o non tornerà? Avrà un ciclo come la Sars? È stato predisposto in laboratorio ed è scappato? Tutte grandi domande che solo la storia potrà rispondere in maniera esaustiva.

In mezzo c'è un paese che sta vedendo la propria economia oramai distrutta, politici che aspettano che le altre nazioni riaprano per poi copiare scriteriatamente (così si potrebbe comunque scaricare il barile sugli altri), fantasiose mosse in Europa. I giornali sportivi sono al minimo storico, ma nemmeno quelli generalisti fanno granché: la pubblicità muove il nostro mondo e se è tutto chiuso, anche i giornalisti rischiano di non avere la possibilità di fare il proprio lavoro. Mai come in questo momento l'informazione serve e deve essere equidistante, non tifare da una parte o dall'altra. Poi c'è il capitolo sport, con gli sportivi che si lamentano perché il calcio è l'unico ancora in piedi. Le parole di Federica Pellegrini sarebbero sacrosante, se non fosse per l'indotto che porta con sé il calcio, una percentuale grossa di PIL che neppure tutti gli altri sport insieme riescono a raggiungere, forse nemmeno alla metà.

Anche nel calcio ci sono le categorie. Amen per i dilettanti (ma come si farà a ripartire con il distanziamento sociale? Esisterà ancora un calcio dilettanti?), ma i professionisti non vorrebbero passare le estate nei tribunali. Anche qui il problema è di Serie B e di Serie C: difficile che possano ripartire, così come è complicato dare una soluzione a tavolino. Probabilmente si potrebbero abolire i playoff, promuovere le prime due in B e le rispettive prime in C. Così Monza, Vicenza e Reggina in B, Trapani, Livorno e Cosenza in C. Benevento e Crotone in A che, nel frattempo, quasi certamente terminerà la propria stagione. Chissà se la B finirà davvero? Anche qui la storia ci aiuterà.

La realtà è che importa solo la Serie A. Per guadagni e per la UEFA, perché il nostro sistema si basa solamente sui guadagni delle prime venti d'Italia. Cellino e Cairo volevano, bontà loro, terminare qui, con una differente visione: Cellino voleva bloccare le retrocessioni, il Torino in realtà no. Il Brescia difficilmente si salverà, il Toro è in una crisi di risultati ma è ancora fuori dalla zona rossa. Probabilmente si salverà comunque, ma la certezza è meglio di due mesi da far west. E quindi? Abbiamo scherzato con il Coronavirus, abbiamo avuto dei morti, spereremo che la vita possa ripartire come prima, magari con un po' di distanziamento. Purtroppo è l'unica scelta che abbiamo. E chissenefrega se qualcuno sta agitando già lo spauracchio dei tribunali ad agosto, la partita importante è un'altra.

Sezione: Copertina / Data: Dom 19 aprile 2020 alle 07:00 / Fonte: di Andrea Losapio
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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