Certe serate diventano simboliche, nel bene e nel male. Quella di San Siro, chiusa con un 1-4 che brucia ovunque, finirà negli archivi per un motivo doloroso: mai nella storia l’Italia aveva perso in casa una partita di qualificazione ai Mondiali. La Norvegia di Haaland ha cancellato anche quest’ultimo baluardo, fotografando un divario tecnico e mentale che non si può più ignorare.
UN PRIMO TEMPO ILLUSORIO – Eppure la notte era iniziata con un lampo: Pio Esposito, terzo gol in cinque presenze, aveva incendiato il Meazza e dato l’impressione che gli Azzurri potessero davvero reggere il confronto. Gattuso aveva rivoluzionato l’undici – dieci cambi rispetto alla Moldova – ma l’impatto era stato incoraggiante. Pressing alto, ampiezza, aggressività: il piano gara aveva funzionato, e la Norvegia sembrava quasi accontentarsi di contenere.
IL CROLLO DOPO L’INTERVALLO – Poi la ripresa. Dieci minuti sono bastati per ribaltare l’equilibrio mentale della squadra. La finta di Thorstvedt, l’uno contro uno vincente di Nusa, la deviazione che inganna Donnarumma: 1-1 e Italia immediatamente travolta dalle proprie insicurezze. L’inerzia diventa norvegese, il ritmo si alza, la squadra si spezza. E quando Haaland accende il motore, la strada si trasforma in un precipizio: doppietta tra 78’ e 80’, Larsen che chiude i conti nel recupero, e un 1-4 che pesa come un macigno.
LA DISTANZA DALL’EUROPA CHE CONTA – Dopo il 3-0 di Oslo, arriva un’altra lezione durissima. La Norvegia – che già pregustava la festa per il ritorno al Mondiale dopo 28 anni – ha mostrato forza, continuità e una gestione superiore. L’Italia, invece, si è sciolta alla prima difficoltà. È questo, più del punteggio, ciò che preoccupa: la fragilità emotiva, la distanza tecnica, l’incapacità di restare dentro la partita quando il livello si alza.
UN FUTURO DIFFICILE DA AFFRONTARE – Ora restano 130 giorni ai playoff. Una roulette che ci ha già punito due volte, con Svezia e Macedonia del Nord. Nulla sarà semplice, nulla potrà essere dato per scontato. L’Italia di oggi è lontana dalle grandi, ha problemi strutturali e deve sporcarsi le mani: lotta, concretezza, fame, compattezza. Senza tutto questo, sarà impossibile invertire la rotta.
Il record negativo di San Siro è un campanello che fa rumore in tutta Europa. Non è un episodio: è un sintomo. E marzo sarà una battaglia da uomini, prima ancora che da calciatori. Chi immagina una qualificazione facile, si sbaglia: servirà lucidità, orgoglio, unione e la consapevolezza che la luce, oggi più che mai, va conquistata. Non arriva da sola.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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