Da bomber di Serie A a imprenditore nel mondo dei cosmetici: Fausto Rossini, 47 anni, ha saputo trasformare la sua seconda vita con lo stesso spirito con cui entrava in area di rigore. Dopo anni vissuti tra Atalanta, Sampdoria, Livorno e Catania, oggi si muove tra spedizioni, magazzini e smalti per unghie, gestendo un’azienda di successo insieme alla moglie. «Lavoro nel settore dei cosmetici, in particolare con gli smalti», racconta a Fanpage.it. «Abbiamo avuto fino a quindici negozi, poi dopo il Covid ci siamo spostati sull’e-commerce e sulla distribuzione anche all’estero. Mi arrangio in tutto: dalla logistica ai piccoli lavori elettrici. Mi piace fare».
DAL CAMPO ALL’IMPRESA - Rossini è uno di quei calciatori che non ha voluto restare nell’ambiente una volta appese le scarpe al chiodo.
«Molti ex scelgono di fare gli allenatori o i dirigenti, io volevo costruire qualcosa di diverso. Nel calcio ho imparato disciplina e sacrificio, oggi le applico nel lavoro». Il risultato è un’azienda dinamica, in continua crescita, costruita da zero: «Quando chiudo una spedizione o ricevo una nuova commessa provo la stessa adrenalina di quando segnavo. Il segreto? Non smettere mai di mettersi in gioco».
L’ATALANTA E QUELLA DOPPIETTA AL MILAN - Cresciuto calcisticamente proprio nell’Atalanta, Rossini ricorda con orgoglio gli inizi a Bergamo: «Sono arrivato a quindici anni grazie a un osservatore che mi aveva notato a Grosseto. Non me ne sono più andato: l’Atalanta mi ha cresciuto, dentro e fuori dal campo». Il 5 maggio 2002 resterà il suo giorno speciale: doppietta al Milan con la maglia della Dea, proprio nel giorno del compleanno.
«Fu una gioia immensa, e dopo quella partita ci fu anche la possibilità di andare davvero al Milan. Ma il presidente Ruggeri mi voleva troppo bene e sparò alto: chiese una cifra esagerata. Una sliding door della mia carriera».
SAMPDORIA E CATANIA, DUE CAPITOLI DI CUORE - A Genova, Rossini entra nella storia blucerchiata segnando il gol numero 2000 del club: «Alla Samp sarei rimasto per sempre. Era un gruppo fantastico, unito dentro e fuori dal campo. Arrivammo quinti, a un punto dalla Champions: lì ho capito cosa significa davvero la forza dello spogliatoio». Poi il capitolo Catania, dove il suo gol decisivo contro il Chievo regalò una salvezza epica: «Al ritorno da Verona impiegammo due ore per percorrere cento metri. Una festa indescrivibile, una città in delirio».
ALL’ESTERO E IN AZZURRO - Rossini ha vissuto anche esperienze all’estero, in Francia e Svizzera. «Al Nizza mi fermai per un brutto infortunio al ginocchio, mentre in Svizzera, onestamente, mi mancava l’entusiasmo. È un buon campionato, ma non ha il calore delle piazze italiane». In Nazionale ha vestito la maglia azzurra a livello giovanile, ma la concorrenza in attacco era spietata: «C’erano Totti, Del Piero, Vieri, Toni, Gilardino… impossibile emergere in mezzo a tanta qualità. Oggi, purtroppo, il livello degli attaccanti italiani è calato».
TRA GIOVANI E SOCIAL: “ORA C’È MENO FAME” - Dopo il ritiro, Rossini ha allenato anche i giovani e non nasconde la sua preoccupazione per il calcio moderno: «I ragazzi di oggi hanno meno fame. Ai nostri tempi contavano il sacrificio e la voglia di arrivare. Ora vedo troppa apparenza, troppi social. Prima più erano nere le scarpe, meglio era; oggi più luccicano, meglio è».
DAL PRIMO STIPENDIO ALLA PRIMA AZIENDA - Ricorda ancora come spese il suo primo stipendio da professionista: «Ero a Nizza e mi comprai una Opel Tigra. Mi sembrava di aver conquistato il mondo». Oggi, invece, guarda al futuro con la stessa determinazione: «Dopo il calcio ho imparato che ogni giorno è un inizio. Bisogna reinventarsi, adattarsi e non aver paura di sporcarsi le mani. Questo è il mio modo di vivere».
E ai giovani attaccanti di oggi lascia un consiglio semplice ma prezioso: «L’esordio non è un traguardo, è solo l’inizio del viaggio. La carriera vera comincia dopo».
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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