Buonasera. O buongiorno. Dipende. Siamo al secondo giorno di sosta per la nazionale. Chi legge queste sciocche articolesse ben sa quale sia lo stato d’animo dello scrivente in regima di pausa. Potremmo riassumerlo così: due maroni. Ma purtroppo il meccanismo è innescato, non possiamo farci nulla e, quindi, prepariamoci a 15 giorni di deliri mediatici, quelli che colpiscono soprattutto le squadre che hanno perso o faticato. E poi il mercato, ah, quante ce ne inventeremo. E i clamorosi passaggi di proprietà, uh, quante ne spareremo. Eccetera eccetera.

Chi siamo noi per esentarci dal media-massacro? E infatti cominciamo da Mou. Il buon Vate di Setubal.

Mou
Chi scrive appartiene alla Chiesa di San José da tempo immemore, ma non può far finta di non vedere e sentire. Soprattutto sentire. Per intenderci: se è sempre colpa degli altri, significa che forse è colpa tua. Alla fine di Verona-Roma 3-2 Mou parla un po’ di arbitri, attacca la sua stessa società, dice che gli sarebbe servito Juan Jesus - ora al Napoli - e, insomma, fa la figura di quello che non sa più cosa inventare pur di non dire “sto sbagliando”.
In Laguna sono emersi ancora una volta tutti i limiti della sua Roma: fase difensiva imbarazzante, poco equilibrio, zero profondità della rosa. E quest’ultima, va detto, è soprattutto colpa del portoghese che ha scelto liberamente di rinunciare a mezza squadra e ora rischia seriamente di perdere l’altra metà. La “tecnica del nemico” - chiamiamola così - funziona se contemporaneamente porta risultati, altrimenti crea solo tanto imbarazzo.

Napoli-Verona
Ecco, Napoli-Verona 1-1. Alla fine della partita ci si ritrova a puntare il dito: “Il Napoli ha steccato… Il Napoli non ce l’ha fatta… Il Napoli rallenta”. Bah, francamente non ci è piaciuto il racconto mediatico post-gara, quello che non contempla gli avversari, per dire. Il Verona di Tudor, signore e signori, gioca bene, è organizzatissimo, ha fatto fuori fior-fior di avversari. Che il Napoli possa rallentare è nell’ordine delle cose, soprattutto se trova un avversario all’altezza. Sono più i meriti dei gialloblu rispetto ai demeriti dei capoclassifica e trasformare un pareggio in un dramma è esattamente quello che non serve a una squadra che ambisce (legittimamente) allo scudetto.

Calhanoglu
Era l’anello debole dell’11 di Inzaghi in vista del derby, lo dicevano tutti quanti (compreso il sottoscritto): “La squadra è fatta, questi dieci più il centrocampista turco”. Detto come se fosse un problema. In realtà, il centrocampista turco, ha giocato un gran derby, di personalità, e si merita sonori applausi. Decisamente meno per la sua esultanza post-gol: il rispetto è dovuto sempre e distingue i bravi calciatori dai grandi professionisti. “Ma lo hanno offeso”. Ok, è vero, bisogna rispondere con i fatti. Ci era riuscito. Era più che sufficiente così.

Chiesa
A modesto avviso dello scrivente il modo migliore di gestire un potenziale fenomeno come Chiesa è il seguente. “Ciao Chiesa, sono il tuo allenatore, dove vorresti giocare?”. “Qui”. E tu lo metti dove vuole lui. Ma io a differenza di Allegri non ho vinto una fava e quindi taccio, che è meglio.

Lautaro Martinez
C’è chi lo sta massacrando. Davvero. E solo perché ha sbagliato un rigore. E perché non segna da qualche partita. Lui, che un anno fa poteva andare al Barcellona (eccome se lo volevano), lui che l’estate passata era assai richiesto in Premier, lui che ha scelto di rinnovare il suo contratto con l’Inter. Giù le mani da Lautaro Martinez, anche solo per evitare di dire/scrivere cazzate.

Doveri
Siccome massacriamo spesso e volentieri ogni genere di arbitro e arbitrello, ci permettiamo di fare i nostri complimenti a Doveri, arbitro del Derby. Sia chiaro, non facciamo riferimento alla questione “rigore su Calhanoglu” – per qualcuno c’era, per altri no, in entrambi i casi avrebbe generato malcontento -, ma al fatto che per una volta un fischietto abbia scelto di fare un passo indietro: pochi fischi, pochissimo “protagonismo”, tanta coerenza. Se il match di Milano è stato “all’altezza” il merito è anche suo.

La coreografia della Curva Sud
La Curva Sud e in generale tutti coloro che hanno partecipato alla coreografia dell’altra sera hanno fatto una cosa grande e per nulla scontata. Nei giorni delle manifestazioni, delle grida e – lasciatemelo dire – dell’egoismo di troppi, dedicare un pensiero a chi si fa il culo da quasi due anni per tutti noi è stato splendido. Bravi.

I pessimisti cronici
L’Inter pareggia contro il Milan nel derby e lascia una sensazione amarognola nella bocca dei suoi tifosi, quella di una squadra che anche questa volta ha fatto “un po’ meglio” dei suoi avversari ma alla fine non ha portato a casa i tre punti. E aveva fatto “un po’ meglio” anche della Juventus. E se vogliamo aveva fatto “un po’ meglio” dell’Atalanta (non troppo, ma il rigore sbagliato a una manciata di minuti dalla fine vale quel “po’”). E addirittura aveva fatto “un po’ meglio” della Lazio che, però, alla fine ha stravinto. E, insomma, l’Inter in quelli che vengono definiti “scontri diretti” ci va sempre vicina, ma “andarci vicino conta solo a bocce” (cit.). Ecco, la sensazione di amarognolo è quella di chi pensa “sette punti da Milan e Napoli sono tantissimi, troppi per pensare allo scudetto” e - vi diciamo serenamente la nostra che è solo la nostra, per carità - francamente ci sembra che si stia esagerando quanto a drammatizzazione. C’è chi accusa, chi confronta questo gruppo con quello dell’anno passato, chi attacca Inzaghi, chi si lagna in continuazione. Ecco, sì, l’Inter non è per nulla una squadra perfetta, deve migliorare la sua fase difensiva (in parte lo ha già fatto), per qualcuno anche quella offensiva (ma stiamo pur sempre parlando del miglior attacco della Serie A), ma ha le idee chiare e i nervi molto più saldi di chi vede drammi dopo ogni non-vittoria.

Fine. Mancano 12 giorni alla fine della sosta: facciamoci forza.

Sezione: Serie A / Data: Mar 09 novembre 2021 alle 13:00 / Fonte: TMW
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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