Siam qui a Sanremo. L’altro giorno eravamo a San Siro. La differenza tra i due santi è che Remo non dispone del var, ma si sta attrezzando. Da Remo c’è il deliro ma se siete qui a leggere è evidente che ve ne fotta il giusto, diciamo quanto Renato (Zero) e, quindi, trattiamo di pallone che è meglio.

(Sappiate in ogni caso che mi sono imbattuto in un sosia di Pavarotti, solo alto un metro e mezzo. Trovo questa cosa straordinaria).

Da Siro è andata in scena la sfida scudetto, l’ha vinta con merito l’Inter. L’Inter è la squadra che (tutti in coro) “deve vincere lo scudetto” e “è la più forte”. E forse sarebbe il caso di apporre dei correttivi. L’Inter sta dimostrando di essere il gruppo che gioca il miglior calcio e questo dipende certamente dalla presenza di giocatori eccellenti, ma anche dal fatto che ci sia un signore in grado di incastrali al meglio, Inzaghi. Questa cosa è spesso sottaciuta, così come in pochi fanno riferimento alla rivoluzione estiva, quella che ha visto partire una dozzina di giocatori - tra forti e comprimari - che poteva significare anche “fallimento”.

Nelle famose griglie pre-campionato, per dire, c’era chi dava i nerazzurri come terza o quarta forza del torneo, poi la squadra ha iniziato a vincere e allora la narrativa è drasticamente cambiata. Va sempre così, del resto. Questo per dire cosa? Semplicemente che ognuno si ricorda sempre di quello che gli fa più comodo e lo fa unicamente per poter portare avanti la propria tesi (compreso il sottoscritto, sia messo agli atti).

Ah, Zielinski e Taremi in nerazzurro sono affari praticamente fatti, anche se in assenza di firme è sempre meglio cautelarsi aggiungendo orpelli tipo “se tutti manterranno la parola data”.

La Juve l’altra sera non ha giocato una pessima partita, sia chiaro, forse solo un filo troppo accorta. Non è corretto dire che si sia accontentata di “perdere bene” ma è vero che la strategia allegriana non ha contemplato “il rischio”, la tripla punta, il tentativo "alla bersagliera” che 9 volte su 10 va male e ti costa l’imbarcata ma a volte invece regala imprese leggendarie. Ha scelto di “proteggere” la sua squadra sul lungo periodo, Max, le prossime partite diranno se ha fatto bene o se troppa cautela è costata qualcosa in termini di fiducia dello spogliatoio.

Ah, si dice che Giuntoli abbia fatto la sua prima mossa in chiave Thiago Motta. La qual cosa vorrebbe dire aver già ragionato sull’uscita dello stesso Allegri, ovviamente. Una sola cosa è certa: Max senza rinnovo di contratto non proseguirà in bianconero.

E, a proposito di Motta. Ieri ha parlato il suo agente Dario Canovi. Lo ha fatto ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli. Sentite qua: “Motta non conosce ancora il suo futuro, ma sicuramente non sarà a Napoli. L’allenatore del Bologna non verrebbe a Napoli nemmeno se De Laurentiis gli comprasse Zirkzee e Calafiori, ha altri progetti per il suo futuro”. Questa frase si presta a mille ragionamenti e considerazioni, una su tutte: l’atteggiamento di patron De Laurentiis post-vittoria dello scudetto, le sue conferenze show, il suo ego smisurato, le sue manie di protagonismo associate a un linguaggio tendente al barbaro… li sta facendo scappare tutti. Ma proprio tutti. E di sicuro non saranno queste quattro righe a convincerlo a mordersi la lingua (probabilmente tornerà a farsi sentire già in giornata).

Ah, l’idea che un giocatore - Demme - per questioni di scelte e “spazi” non possa essere inserito in alcuna lista e venga pagato per restare a guardare i compagni, è la dimostrazione che i dirigenti di primissima fascia valgono come e più dei grandi calciatori.

Una parola - una - su Leao. Chi gli rompe le balle perché non segna e lo stimola a stare più vicino alla porta ha le sue buone ragioni e ben fa a insistere; chi invece lo tratta come un incompiuto, un indolente, uno che “ma dove vuoi che vada” ha dei seri problemi di vista (oltre che di matematica, visto che la metà dei gol dei rossoneri dipendono dalle sue giocate).

E una su De Rossi: ‘rcamiseria ragazzi, l’ex capitan futuro ha messo un pizzico di ordine, serenità, tattica e in un amen ha tirato fuori una Roma da leccarsi i baffi. Sabato (ore 18, sfida all’Inter) capiremo se davvero era colpa di un Mou ormai giunto al capolinea o se siamo di fronte ai soliti complimenti prematuri, tipici della nostra strampalata epoca.

La canzone di Nek e Renga se la senti all’incontrario è Let it Be dei Beatles.

 
 
Sezione: Altre news / Data: Mer 07 febbraio 2024 alle 09:30 / Fonte: Fabrizio Biasin per TMW
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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