Come contro l’Inter, più che contro l’Inter: la partita contro la Lokomotiv afferma per gli stessi motivi visti a San Siro perché la Juventus sia la più forte di tutte - sicuramente in Italia, e tra le migliori tre in Europa. Ovvio, i match contro i nerazzurri e contro i moscoviti non potrebbero essere stati più diversi, per sviluppo degli eventi e per svolgimento tattico e tecnico. Ma alla fine la Juve esce fuori per gli stessi motivi: una rosa sconfinata, che le permette di mettere in campo la migliore formazione possibile, ed effettuare cambi con giocatori dello stesso livello. E la rosa è talmente infinita che alla fine in un caso e nell’altro il migliore in campo si dimostra un tizio che a causa dello strabordare tecnico era già stato allocato a destra e manca, che pur impuntandosi partiva per essere il quindicesimo in campo, e invece Paulo Dybala è rimasto contro ogni pianificazione societaria, ed è probabilmente tra i migliori cinque di questo primo quarto di stagione.
E la Juventus è più forte di tutte perché Dybala fa la differenza nella serata dove il calcio sarriano stava mostrando la metà oscura della propria luna: quella fatta del possesso palla sterile, dei cross messi dentro senza costrutto, della manovra compassata e della supremazia territoriale inutile perché tramutatasi in totale prevedibilità. A Milano la Joya era stata la risultante di una grande prestazione di squadra; allo Juventus Stadium invece ha dovuto inventarseli i colpi, non a caso i due gol sono venuti su un tiro da fuori diretto e uno indiretto: la manovra progettata da Sarri si era fatta irretire dalla Lokomotiv, eppure non era difficile prevederlo conoscendo il gioco dei russi. Ma è per questo che la Juve è la più forte, perché anche quando non ne viene capo, può rimettersi a quello che doveva essere il quindicesimo uomo, e che ha potuto giocare titolare risparmiandosi perfino l’impegno di campionato.
Questi problemi di abbondanza l’Inter non ce li ha. E allora quasi quasi, hai visto mai che non sia quasi meglio perdere con il Dortmund… Quasi, non vi preoccupate, ché la Champions alla terza giornata figuriamoci se non devi giocartela al massimo, tanto più che anche al Borussia mancheranno Alcacer e Reus. Ma i gialloneri hanno un campionato tedesco che per ora aspetta, con una marmellata che favorisce il rallentamento del Bayern. Non è la stessa cosa per l’Inter: già Conte sa bene che è tra loro e la Juventus, e se è un po’ azzardato definire la Champions come una ‘rogna’, tuttavia non è minimamente illogico pensare che non è certo la Champions l’obiettivo dell’Inter, che anzi già contro la Juve ha dovuto pagare lo sforzo del Camp Nou, e che in questo gruppo fastidioso come un felino incastonato tra le tasche le prospettive di qualificazione sono sfavorevoli, a fronte di uno sforzo di risorse e energie che fino a dicembre sarà notevole. L’Inter se la giocherà con il Borussia, ovvio, ma perdere, o comunque uscire dalla Champions, sarebbe una occasione travestita da sfortuna.
Se l’Atalanta si è potuta giocare secondo i suoi dettami la partita a Manchester, e ci ha sbattuto sopra il muso, al Napoli tocca invece crescere. Ma al di là del risultato a Salisburgo contro una squadra che come minimo farà sicuramente penare fino alla fine, quello che conta è l’atteggiamento di squadra in partita e soprattutto nel prosieguo. Già il pareggio di Genk può aver compromesso le speranze di primo posto, ma soprattutto dopo la vittoria contro il Liverpool sembrava finalmente essere stato compiuto il passo di maturità di tutto l’ambiente: ovvero la differenza del ragionare da grande squadra, a prescindere che poi il titolo arrivi o meno. Ma da quella partita in poi il Napoli si è ancora una volta compiaciuto troppo, come appunto se fosse arrivato a compimento anziché capire che doveva essere l’inizio del percorso. E le parole, troppe, su ogni argomento delicato, non aiutano di certo…
E forse sono troppe anche le parole pronunciate dalla dirigenza milaniste. O meglio, troppo azzardate: perché continuare a promettere la Champions? Perché ribadire l’obiettivo quarto posto? Al di là del fatto che il Milan non sembra proprio averne la rosa all’altezza, ma perché attirare su di sé la pressione delle aspettative (già di per sé alte quando sei al Milan) e non invece spegnere i fari per provare a scaricare sugli altri l’urgenza di portare risultati? Come dice Commisso: “Underpromising and overdelivering”, che si potrebbe tradurre con prometti poco e raggiungi molto, o visto che siamo a Milano, stare schisci per poi godere.
Il Milan ha bisogno di tante cose, ma non certo di ulteriore pressione.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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