Parole sante, quelle di venerdì scorso di Maurizio Sarri. Vi faccio la sintesi delle puntate precedenti: il Var viene usato tanto e male, nel resto d'Europa sono più veloci e non è così invasivo. Era nato per evitare errori macroscopici. Come dare torto all'allenatore della Juventus. Da quando è entrato in vigore il Var è stata la morte delle emozioni calcistiche. Esulti per un gol ma devi iniziare a frenare l'entusiasmo perché prima ti guardi attorno, poi fissi l'arbitro, in attesa che ricominci il gioco sperando che sia tutto vero. Non puoi godere aspettando il permesso di qualcuno. Una volta (per fortuna per chi ama i campionati "minori" è ancora così) quando segnava la tua squadra guardavi velocissimamente, mentre esultavi, solo due cose: l'arbitro che indicava il centrocampo e il guardalinee che non avesse in alto la bandierina. Sarri dice cose sacrosante ma ci vorrebbe l'intervento di qualcuno dall'alto. Il Var è uno strumento bello e utile ma, come sempre, in Italia riusciamo a rovinare anche le cose buone. Gli arbitri sono lenti, si prendono troppi minuti per decidere, tutti che parlano e spesso le decisioni sono anche sbagliate. Ci sono, inoltre, gol annullati per mezzo millimetro di fuorigioco. Uno può sostenere: ma era irregolare. Certo ma per cento anni quei gol li abbiamo convalidati, abbiamo esultato e anche con i replay non si trovava quel mezzo millimetro di fuorigioco. Domanda: ma sul gol davvero l'attaccante ha tratto beneficio da quella posizione millimetrica? No. E allora il var non deve interferire. Dalla cabina, gli arbitri devono intervenire per le cose clamorose che giustamente possono sfuggire all'occhio umano. La testa di Zidane con l'arbitro di spalle, un fallo di reazione a palla lontana, un fuorigioco netto ed evidente, ma utilizzare così le macchine rischia di diventare la morte del calcio. Non chiediamo l'intervento di Nicchi che ha i mesi contati ma il buon Rizzoli, ottimo professionista, dovrebbe chiedere ai suoi fischietti una interpretazione diversa.
La scorsa settimana è stata anche legata al calciomercato. Chi arriva a gennaio? No, è ancora presto. Il rinnovo di Marco Verratti fa piacere perché è il trionfo di un ragazzo italiano che sta facendo grandi cose a Parigi. Il rinnovo di qualche giorno fa, con il Psg, ci ha tuttavia un po' spiazzati. Verratti è il calciatore italiano più forte in attività? Probabile. Sicuramente è il più pagato con 17 milioni di euro all'anno. Storia bellissima e fantastica per un ragazzo partito da Pescara quasi nell'anonimato. Ora vive a Parigi, fa grandi cose con il PSG e guadagna dei soldi che forse, un tempo, erano solo per grandi campioni. E Verratti lo è. Ma qui c'è la mano del procuratore e quando Verratti ha cambiato Di Campli con Raiola, probabilmente, si aspettava proprio questo risultato. 17 milioni all'anno. Follia. Complimenti a Raiola che ha portato a casa il massimo risultato con un top player. Su queste cose, su questo tipo di operazioni, Mino ha pochi rivali ed è uno dei più bravi, se non il più bravo. Bravo nei trasferimenti, bravo nei rinnovi, un po' meno nella gestione dei giovani. Con lui molti ragazzini si sono persi. Avevano del talento ma non hanno sfondato.
E' iniziato il conto alla rovescia, a Napoli, per Carlo Ancelotti. La sconfitta di Roma conferma che questa squadra, già a novembre, è fuori dalla corsa scudetto e l'obiettivo reale è rientrare tra le prime 4. Il tecnico emiliano ha ancora sei mesi a disposizione per evitare l'etichetta di bluff. Quando era arrivato a Napoli era stato giustamente etichettato come l'acquisto del vero top player. Mancava un allenatore così in Italia. Poi è tornato anche Antonio Conte ma questi personaggi, prestati a Premier e Ligue 1, erano uno smacco per il calcio italiano. Ancelotti, però, al Napoli non ha portato nulla. Squadra eterna incompiuta e tale è rimasta. Lontana dallo scudetto e lontana da sogni europei. Certamente qualche lampo di Ancelotti lo abbiamo visto ma sul lungo termine sta deludendo le aspettative. De Laurentiis è pronto a presentargli il conto ma ci sono ancora sei mesi per far cambiare idea ai napoletani che vogliono vincere qualcosa; prima o poi.
In chiusura una riflessione su un direttore sportivo che ha superato la mezza età, non si vede comparire mai in tv ma lo consideriamo, ad oggi, il più esperto di calcio in Italia. Più di Marotta? Sì. Più di Paratici? Forse sì. Più di Giuntoli? Sì, anche perché il direttore napoletano ha dimenticato troppo in fretta la gavetta che ha fatto. Giovanni Sartori è il numero uno del calcio italiano. Lo dimostrano i successi dell'Atalanta ma anche quelli del Chievo Verona; perché lui era il Chievo e, andato via Sartori, sono arrivati i disastri clivensi. A Bergamo non compare e sembra non incidere. Da anni è ai ferri corti con Gasperini, eppure non sbaglia un colpo. Conosce il calcio come nessuno e ha sfruttato sempre il dono di Dio: l'occhio per vedere i calciatori. Non lo compri e non lo impari. Quello è un dono divino. Sartori l'ha sfruttato per fare carriera e per costruire grandi squadre, per conoscere il mondo del calcio e per riuscire ad individuare il potenziale di un calciatore fin da giovane. Non rilascia quasi mai interviste, vive nell'ombra, ma in ogni stadio in cui vai trovi Sartori. Lui c'è sempre. Vecchio stampo. Le partite si vedono dal vivo e non in dvd. Ha una rete pazzesca e collaboratori bravissimi. Lui sui campi c'è sempre. Dovrebbero clonarlo. Come hanno fatto con Varenne che ormai è in pensione, ma - grazie alla inseminazione - procrea ogni anno 110 mini Varenne. Ma capiamo bene che sarebbe dispendioso per Sartori mantenere 110 figli all'anno. Quindi accontentiamoci di lui...
Più che una riflessione è un invito: molte società di serie A, e non solo, ancora non hanno capito che i giovani sono patrimonio tecnico ed economico del futuro. Far giocare la squadra più importante del settore giovanile, ovvero la Primavera, su campi assurdi e in impianti indecenti è un autogol. Questi ragazzi meritano rispetto. Quello che stiamo vedendo in queste stagioni è vergognoso: ieri l'Empoli non ha giocato su un campo da calcio. Era lotta libera su un campo quasi senza erba. Eppure la società di Corsi si distingueva per l'ottimo lavoro che faceva con i giovani. Ora addirittura fa giocare la Primavera su un campo indecente. Stesso discorso per il Pescara, campo da oratorio. La Samp, a Bogliasco, ha costruito un bel centro sportivo ma poi la Primavera gioca su un campo ai limiti della praticabilità. Il Chievo giocava sull'autostrada, il Genoa in riva al mare. Il Torino aveva avuto la brillante idea di giocare al Filadelfia, poi però, se Mazzarri deve allenarsi lì, i ragazzi finiscono in un centro sportivo a giocare in mezzo ai ragazzini. Complimenti alla Fiorentina che ha già aperto più volte il Franchi. Bene il Napoli e la Roma che hanno stadietti a misura di Primavera. Inter e Juventus dovrebbero fare qualcosa in più per il ruolo che ricoprono nel mondo del calcio, ospitando anche le grandi d'Europa.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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