In una serata Napoli e Inter si rimettono decisamente in carreggiata. Era un turno decisivo, nel bene e nel male, per le italiane e entrambe hanno risposto alla grande.
Ha fatto una grande partita il Napoli, vincendo e convincendo con i suoi uomini più discussi di quest'ultimo periodo. Mertens ne fa due, supera Maradona ed entra definitivamente nella storia del Napoli. Lo fa in una serata da gigante, con una doppietta e un assist. Lo fa festeggiando il primo gol abbracciandosi con Callejon, l'altro napoletano a scadenza di contratto ma ad altissimo rendimento. E gli abbracci sono il leit motiv della vittoria del Napoli: il gol decisivo di Insigne ha scatenato la gioia del capitano azzurro e una corsa sfrenata, subito, verso Ancelotti. Una strattonata infinita, mentre nel frattempo tutta la squadra si stringeva intorno ai due. Sembrano così lontane le immagini di tre settimane fa in Belgio, dove addirittura Insigne assaporò la tribuna. E' la forza della vittoria, la forza del gruppo, la forza di un progetto molto ambizioso e per questo difficile da portare avanti che Ancelotti ha intrapreso quest'anno. Vuole un Napoli mutante, che aggredisca l'avversario e che giochi in verticali, che si prenda dei rischi e che si diverta in campo. In questa notte di Champions lo abbiamo visto.
Come abbiamo visto un'Inter a immagine e somiglianza di Conte, in tutti i suoi uomini. Lautaro Martinez si conferma, giornata dopo giornata, il giocatore sul quale l'Inter fa affidamento. Ormai è definitivamente sbocciato e in attesa del miglior Lukaku (sofferente fisicamente ieri, infatti uscito) l'Inter non ha paura. E non ha paura in generale. Non ha paura come squadra: ha sofferto, è vero, contro il Borussia. Ma nei limiti, senza andare mai in barca, dando sempre la sensazione di poter far male, tanto da "sprecare" un calcio di rigore e realizzare poi il 2-0 con un rigenerato Candreva. Non ha paura nei singoli, neanche nei giovanissimi. Esposito buttato nella mischia (a proposito: esordio prima in Champions che in campionato, come Zaniolo) ha lasciato il segno. Non tanto e non solo per il rigore che si è procurato, non tanto e non solo per le giocate che ha provato e per la presenza che ha mostrato. Ma anche per la personalità: guardatelo dopo il rigore assegnato come va ad arringare il popolo nerazzurro: molto probabilmente è questo quello che ha visto Conte prima di buttarlo dentro. Ora l'emergenza in attacco (dopo l'infortunio di Sanchez) potrebbe davvero fare meno paura. Con un monito: ricordiamoci sempre che Esposito è un 2002, diamogli tutto il tempo che gli serve per crescere e quindi per (eventualmente) sbagliare. Ma il suo biglietto da visita è notevole.
La Champions ci ha regalato, nella giornata di martedì, anche il tridente superpesante della Juventus: Cristiano Ronaldo, Higuain e Dybala. 33 minuti insieme e partita capovolta. Ma soprattutto la consapevolezza che si può osare. Che sarà difficile mantenere l'equilibrio per lungo tempo ma che anche nelle partite complicate, difficili, ci si può appoggiare alla grande qualità di quei tre. Se non ci riesce CR7 (a Madrid migliore in campo), allora ci pensa Gonzalo (come contro il Bayer), se non c'è Higuain, allora ci pensa Dybala (come contro la Lokomotiv). Ecco perché la Juve fa paura. Perché questi tre, insieme alla filosofia di Sarri sono un pericolo per gli altri. Una squadra che nei numeri ha fatto una partita per "tritare" gli avversari (miglior possesso palla di sempre, maggior numero di tiri) ha scoperto di avere in Pjanic un perno fondamentale e in Cuadrado un'alternativa di costruzione di gioco incredibile (più di 100 palloni toccati!).
Stasera tocca alle romane. La Roma è seriamente in emergenza infortuni: scoprire le cause di questa situazione immaginiamo che sia il primo pensiero di tutti i dirigenti giallorossi. Arrivare a delle conclusioni affrettate non è proprio il caso. Ma nel frattempo davvero Fonseca deve trovare delle soluzioni tattiche diverse. Alla Lazio vorrebbero invece chiudere l'ottovolante: la sfida contro il Celtic servirà proprio a saggiare la tenuta mentale dei biancazzurri, in tutti e 90 i minuti.
In ultimo un grande in bocca al lupo a Thiago Motta. Si è presentato benissimo: personalità, idee chiare, concetti molto semplici espressi con grande chiarezza. Se sarà un grande allenatore o meno lo deciderà il campo. Al di là delle provocazioni sui numeri rimane la curiosità di vederlo all'opera. Diamogli però un po' di tempo: anche se il Genoa di tempo non ne ha molto, non si può certo giudicare sul brevissimo periodo...
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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