Pensierini sparsi del mercoledì.
-L’Inter ha raggiunto i quarti di finale. Per qualcuno è un risultato scontato e questa è la dimostrazione che l’Inter ha abituato tutti davvero bene. Forse troppo.
-Simone Inzaghi ha toccato quota 200 presenze nerazzurre con 133 vittorie e una media di 2.18 punti di media. C’è chi trova ancora la forza per criticarlo e così facendo dimostra di avere le idee quantomeno confuse.
- Il qui presente è sempre stato sul carro Mottiano, perché “Roma non è stata costruita in un giorno” ma, va detto, neppure distrutta in una manciata di mesi. La prestazione della sua squadra con l’Atalanta è stata sconcertante, non solo per il risultato (la Dea è pur sempre una super potenza) quanto per l’incapacità di riuscire ad arginare la disfatta. Può esistere una Juve in difficoltà, ci mancherebbe, non si è mai vista una Juve in disarmo.
- Motta va esonerato? No, non avrebbe senso. Motta deve restare a prescindere perché “c’è il progetto”? Nemmeno. In Italia non esistono “i progetti”, esistono le stagioni. E Motta come tutti i suoi colleghi verrà giudicato alla fine dell’anno. Se conquisterà un posto in Champions avrà ancora la possibilità di proseguire, viceversa buonanotte ai suonatori.
- Motta è l’unico responsabile del flop bianconero? Giammai. Giuntoli, artefice di un capolavoro a Napoli, si è di fatto smarrito a Torino. Il mercato ha portato una marea di giocatori, ma la squadra ha perso identità, punti di riferimento, sostanza. La missione più importante di un direttore/dirigente operativo non è portare giocatori, ma costruire squadre. E farlo spendendo il giusto. Giuntoli ha speso troppo e ammassato nomi. Significa che improvvisamente non è più capace? Figuriamoci, ma certo deve rivedere molte delle sue ultime strategie.
- Furlani è interessato al destino del Milan, certo, ma ancora di più al suo. Se le due cose coincidono, meglio. Se invece qualcuno prova a togliergli luce (nel caso specifico, Ibra), apriti cielo, s’incazza un po’ e vola nelle Americhe. La qual cosa è legittima, per carità, al suo posto ci incazzeremmo pure noi e, però, in contemporanea cercheremmo soluzioni che vadano oltre la cantilena del tipo “al Milan si decide tutti insieme”. Non è vero che nei club italiani si decide tutti insieme, decide uno. L’alternativa è il caos. Lo insegna proprio il Milan del Berlusca, enorme esempio di “gestione verticale e illuminata”. La gestione “orizzontale”, invece, è buona solo quando si tratta di scaricare le responsabilità: “Chi ha sbagliato?”. “Tutti”. E vabbé.
- Il Milan cerca un ds. E fa benissimo. Si era parlato di Tare, ma pare che piaccia solo a una parte. E allora forse vince Paratici, che piace all’altra. Che prevalga uno, l’altro o quell’altro ancora è importante che il prescelto possa avere mano libera per costruire il futuro diavolo. E che stabilisca per bene le regole d’ingaggio. Altrimenti tanto vale lasciar stare.
- Il buon Conceicao non verrà confermato, pare chiaro a tutti. E però, dopo la Supercoppa, potrebbe vincere la Coppa Italia con relativa qualificazione all’Europa League. Certo – cosa gravissima - mancherebbe il quarto posto buono per andare in Champions, ma sarebbe tutto così disastroso?
- Quanto è bravo Conte da 1 a 1000? Mille. E però smettiamola di pensare che stia realizzando un miracolo. Il miracolo lo ha fatto Spalletti, capace di stravincere uno scudetto (e di arrivare ai quarti di Champions) con una squadra che in estate era stata sventrata, Conte sta facendo benissimo con un gruppo forte e che ha ovviato alle partenze estive con oltre cento milioni di investimenti. Non è poco.
- Il Napoli può vincere lo scudetto? Eccome. Ha superato il momento difficile alla grande ed è ben sintonizzato con l’idea di grandezza del suo tecnico. Questa è la grande qualità del tecnico pugliese: trasmettere a chiunque la sua voglia di vincere.
- Si parla sempre e giustamente dell’Atalanta di Gasperini, ma quasi mai dell’Atalanta di De Roon: giocatore mai in vetrina, sempre sul pezzo, importante come pochi. Il vero insostituibile della Dea che prova a conquistare il tricolore.
E un ricordo di Elio Corno, da Libero dell’altro giorno:
È morto Elio Corno, giornalista. Aveva 78 anni. È successo domenica e oggi è già martedì e “due giorni”, nel 2025, valgono l’oblio. Ma non nel suo caso e, a modo nostro, proviamo a spiegarvi perché. Elio Corno è stato giornalista quando “essere giornalista” significava molto più che dire o scrivere una qualunque cazzata nella speranza che qualcuno ti mettesse un cuoricino (“cuoricini/ cuoricini” cit.). Faceva gran lavoro redazionale, al Giornale, e ha gestito le pagine sportive in epoche ormai lontane: le redazioni puzzavano di fumo & inchiostro e le notizie non le copiavi da Google, dovevi trovarle. Aveva il suo carattere, Elio, del tipo che se gli facevi girare la minchia ti mandava a quel Paese e se non gliela facevi girare, magari, ti mandava a quel Paese lo stesso. Ma mai con cattiveria, solo per capire di che pasta eri fatto. Era severo e buono, giusto e affatto melenso. Te lo può confermare chiunque lo abbia frequentato anche solo per uno zic.
Il pubblico - e di sicuro quello del “nord” - si è accorto di lui soprattutto nella seconda parte della sua carriera, quella televisiva. E questo perché costui ha avuto l’intelligenza di capire che informazione e intrattenimento erano (e sono) due facce della stessa medaglia, in particolare se sai come trattarle. Lui sapeva “come si fa”, eccome se lo sapeva. Interista della peggior (o miglior) specie - bauscia, un filo snob, iper-critico, anti-juventino, anti-milanista, anti-qualunque cosa - decise di andare in diretta con frequenza praticamente quotidiana nel salotto più genuino della televisione italiana, quello dei talk pallonari e regionali degli Anni 2000, prima Qui Studio a voi Stadio (Telelombardia), poi Diretta Stadio (7 Gold), in mezzo pure il Processo del Lunedì.
Per chi venisse da Plutone si tratta degli show-fiume con i risultati delle partite che passano in sovraimpressione, quelli con gli spot del Rotowash (gira gira gira...), quelli con te che sei a casa dei parenti per il pranzo domenicale con la lasagna unta. E mentre tu fai la scarpetta, loro, gli opinionisti, stan lì in sottofondo a raccontare la rava e la fava.
Ma resistere in quelle arene non è roba per tutti: se non hai una mazza da dire finisci per fare da tappezzeria e se invece sei professionale e basta finisci per rompere le balle. Devi essere una via di mezzo, devi essere “Corno”, devi dire la tua e all’occorrenza “infilzare” l’avversario, magari anche prenderlo elegantemente per il culo. E allora sì che funzioni a meraviglia. Con Elio la gente ride, si informa, si immedesima, dice «ha ragione Elio!» o magari lo detesta come si detesta quello intelligente della fazione opposta alla tua. In un amen diventa uno di casa e ancora di più quando crea il binomio Cornocrudeli o Crudelicorno. Crudeli di nome fa Tiziano ed è l’alter ego milanista che lo completa e innalza la dialettica pallonara a purissimo intrattenimento, una roba che vai in giro e dici «io quelli lì del Bar Sport non li guardo, sono imbarazzanti» e sai di mentire agli altri e soprattutto a te stesso.
Elio Corno non metteva maschere, diceva sempre quello che pensava e se ne fotteva del tuo giudizio. Ha alleggerito e reso piacevole il mondo del calcio in un’epoca in cui scherzare col pallone era più semplice e, francamente, ci è riuscito alla grande (ora se ci provi ti augurano la pellagra e lo scorbuto).
Si è spento domenica dopo anni di acciacchi, rotture di maroni che metà bastano, tentativi di stare meglio in altre zone del mondo e ritorni a casa. Il qui presente in passato ha avuto modo di parlare con lui per questioni di amori-condivisi e ogni volta erano belle chiacchiere. Se n’è andato nel giorno del 117° compleanno della sua Inter: ci piace pensare che sia tutto tranne che una coincidenza.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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