Una serata esclusiva, una location elegante e un protagonista che opera dietro le quinte ma il cui lavoro è decisivo per il successo dell’Atalanta. Ieri, mercoledì 25 giugno, nell'incantevole cornice del roof garden dell’Hotel New Energy-Valdichiana di Arezzo, Dario Rossi si è aperto in una chiacchierata intima e approfondita, offrendo ai presenti una prospettiva inedita sul futuro nerazzurro, tra strategie, intuizioni di mercato e un’idea chiara di crescita sostenibile. Ecco quanto evidenziato, in esclusiva, da TuttoAtalanta.com dal suo intervento.
Lei è figlio d’arte, con un padre importante come Delio Rossi. Quanto ha inciso la famiglia nel suo percorso nel calcio?
«Sono cresciuto respirando calcio fin da bambino. Mio padre era allenatore della Lazio, ma io ho deciso presto di percorrere una strada diversa, iniziando dai più giovani nelle scuole calcio della provincia di Foggia. È stato il mio modo per imparare il mestiere da zero, con umiltà e tanta dedizione».
Partiamo dal rapporto con Gian Piero Gasperini: che tipo di collaborazione avete avuto in questi anni?
«Con Gasperini ho sempre avuto un confronto aperto e diretto. È un tecnico meticoloso e attento a ogni minimo dettaglio, accentratore per sua natura. Con lui ogni aspetto del lavoro è stato approfondito e valorizzato, e questo ha reso l’Atalanta una realtà unica nel panorama italiano».
Come avviene la scelta di un calciatore da portare a Bergamo? Qual è il vostro metodo di lavoro?
«Insieme a Sartori, prima di intavolare una vera trattativa per un giocatore, lo osserviamo almeno una ventina di volte. Oggi la velocità è fondamentale, bisogna essere pronti ad anticipare la concorrenza. Se vuoi portare a Bergamo i campioni di domani, non puoi perdere tempo».
Uno degli investimenti più importanti per l’Atalanta è stato l’istituzione della squadra Under 23. Cosa ne pensa?
«Credo sia stata una scelta molto intelligente e lungimirante, un ulteriore passo per garantire crescita e continuità al nostro progetto tecnico. L’Under 23 permette ai ragazzi di confrontarsi subito con il professionismo, favorendo una maturazione più rapida e facilitando l’ingresso in prima squadra».
Quest’anno avete raggiunto un altro traguardo prestigioso. Lo ritiene un risultato ordinario o qualcosa di straordinario per una realtà come l’Atalanta?
«Non è assolutamente ordinario: è un risultato straordinario e non va banalizzato. Si tratta dell’Atalanta, un club che ogni anno alza l’asticella e stupisce tutti. Siamo orgogliosi di quanto fatto, ma restiamo sempre ambiziosi».
Ora si apre un nuovo ciclo con Ivan Juric. Non pensa che sia stata una scelta rischiosa, viste le differenze rispetto a Gasperini?
«Quella di Juric è stata certamente una scelta coraggiosa, che poteva anche generare qualche discussione. Tuttavia, siamo convinti della bontà della decisione presa: crediamo nel suo metodo, nella sua visione, e abbiamo fiducia che i risultati arriveranno presto a darci ragione».
C’è stato un momento o un’esperienza che considera decisiva per la sua formazione professionale?
«A Roma, nello staff della Primavera della Lazio, ho avuto una palestra straordinaria, dove ho potuto capire realmente cosa significhi lavorare con i giovani. Walter Sabatini ha creduto molto in me, affidandomi incarichi importanti: da lui ho imparato tanto, soprattutto a valorizzare il talento prima ancora dei numeri».
Oggi il calcio è sempre più dominato da numeri e algoritmi. Come vede questa evoluzione?
«La tecnologia è importante, ma non sostituisce la valutazione dal vivo. Nessun algoritmo potrà mai dirmi quello che vedo con i miei occhi osservando un ragazzo giocare. Nei campionati dilettantistici, ad esempio, ci sono molti talenti puri che aspettano solo l’opportunità giusta: spesso trascurati, possono essere vere gemme nascoste».
C’è un calciatore che rappresenta il suo più grande rimpianto professionale?
«Assolutamente Robert Lewandowski. Ho avuto la possibilità di portarlo al Palermo, ma per vari motivi non siamo riusciti a concretizzare. Ancora oggi è il mio più grande rammarico, perché già allora avevo capito che avrebbe fatto grandi cose».
Lei immagina il suo futuro ancora all’Atalanta?
«Lo spero davvero. Amo lavorare in questo club e penso che ci siano ancora tanti traguardi da raggiungere insieme. Questa società ha una visione, sa dove vuole andare, e io vorrei continuare a farne parte».
La serata di Arezzo, preludio alla proiezione speciale del docufilm “Atalanta. Una Vita da Dea” che avverrà domani, venerdì 27 giugno al Teatro Mecenate, ha svelato ai tifosi e agli appassionati il lato meno conosciuto ma altrettanto affascinante del calcio: quello della strategia, della programmazione e della valorizzazione dei talenti. Con Rossi che, tra aneddoti personali e professionalità, ha confermato ancora una volta che il futuro dell’Atalanta è già oggi.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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