Milan: fiducia per Fofana. Inter: tutti i nomi da scartare. Juve: tra Koop e Chiesa. Napoli: i tempi di Lukaku e…
Non è semplice parlare di pallone nei giorni dei salti, lanci, tuffi, scazzi nella scherma, arbitri maledetti del judo o del pugilato e “Senne” inquinate come non mai, ma ci si prova.
(Però alla fine vi raccontiamo una roba sul tennis tavolo, ci teniamo. E comunque ‘sto oro vinto dalle spadiste in faccia ai francesi. Ah, che goduria…).
Ma veniamo al sacro pallone e a una certezza: nessuna delle big affamate di tricolore ha ancora ultimato i lavori.
MILAN
Pavlovic ha ufficialmente svolto le visite mediche ed è un nuovo difensore dei rossoneri. Il Diavolo pensa alla cessione di Thiaw e tratta con il Newcastle per una cifra vicina ai 30 milioni. Quanto alle entrate, procede la trattativa con il Tottenham per Emerson Royal (arriverà), così come il rinforzo a centrocampo: si chiama Fofana, al momento il Monaco spara alto, ma il ragazzo vuole solo il rossonero e, certo, è un ottimo punto di partenza. Altri ingressi? Una punta alternativa a Morata.
ATALANTA
Gasperini è una iena in campo, ma pure fuori. Chiede rinforzi un po’ ovunque, a partire dall’attacco (El Bilal Touré non lo convince): il mister preferirebbe un “nuovo-Hojlund” da mettere alle spalle di Scamacca. In difesa, con Scalvini infortunato e Djimsiti in uscita, si cerca esperienza, mentre in mezzo tiene banco la questione Koopmeiners, con Percassi e Giuntoli che si punzecchiano e i bergamaschi che non ascolteranno offerte inferiori a 60 milioni. Capitolo O'Riley: Gasp non lo ritiene alternativo all’olandese e, banalmente, lo pretende (mica scemo).
JUVENTUS
Tre rinforzi sicuri in arrivo (del resto ce lo ha detto Giuntoli): Todibo è vicinissimo (35 milioni al Nizza), Koopmeiners resta il sogno unico e solo a centrocampo, per l’attacco si punta a Karim Adeyemi, anche se la valutazione del Borussia (45 milioni) spaventa un po’. E Chiesa? Uscirà, ma prima trova una sistemazione prima libera spazio per l’esterno gradito a Motta (stesso discorso per Milik in attacco).
INTER
Solo ritocchi. L’obiettivo principale resta il braccetto di piede sinistro, giovane e “futuribile” (come Bisseck un anno fa, per intenderci). Il club non ha fretta e i nomi usciti fino a qua… Sono tutti sballati (piaceva solo Cabal, ma se l’è pappato la Juve). Ausilio ha in mente un nome, presto sapremo. E Valentin Carboni? Va a Marsiglia per 1 milione di prestito, 36 per il riscatto fissato per l’OM e 40 per il contro-riscatto nerazzurro. In pratica Marotta mantiene il controllo e spera che De Zerbi faccia sbocciare il talento del giovanotto. E davanti? Servirebbe “un altro Sanchez”, ma arriverà solo in caso di uscita di Correa e Arnautovic (difficile).
NAPOLI
Con Buongiorno e Rafa Marin la difesa è a posto, tocca sistemare l’attacco. Per Osimhen al momento non ci sono offerte valide e Lukaku deve attendere. Il belga arriverà? Sì, ci vorrà del tempo ma alla fine Conte avrà il suo bomber. In mezzo al campo si attende la cessione di Cajuste e si puntano Brescianini (molto forte e un filo sottovalutato) e Gilmour.
Fine delle balle di mercato.
E ora “Saheed senza ritorno”, una storia di emozioni olimpiche e colazioni domenicali. Buona lettura, se vi va.
E niente, stavo facendo colazione con estrema calma. Sapete, la domenica. Schermo acceso a caso sul table tennis. “Tanto al momento non ci sono azzurri in gara”. Faccio partire la macchinetta del caffè mentre a Parigi si scaldano lo svedese Anton Kallberg, 18esima testa di serie, e il congolese Saheed Idowu, classificato oltre il centesimo posto. Un 64esimo di finale, sulla carta non c’è partita.
Non vorremmo ragionare per stereotipi, ma ci tocca: lo svedese è biondo, smilzo, algido, probabilmente non ha sorriso neanche dopo aver limonato la prima volta. Il congolese è un filo su di chili, bello carico, caratteriale e simpaticone del tipo che ci andresti a bere una birretta sulla fiducia. I loro rispettivi tecnici seduti a margine, banalmente, sono la loro copia carbone, ma un tot più vecchi.
Si comincia.
(Breve ripasso delle regole: si giocano mini partite, vince la mini partita chi arriva a 11 o, in caso di 10-10, chi mette due punti di distanza sull’avversario. Chi conquista per primo quattro mini partite, passa il turno).
Lo svedese è una iena, sbaglia pochissimo, il congolese è teso come corda di violino, impacciato, sudato come Bonolis al gioco finale. La partita fila via veloce, il pubblico (palazzetto strapieno) se ne fotte abbastanza e guarda altro, io inzuppo un biscotto nel caffè con discreta indifferenza: 11-7.
Son tentato di cambiare canale, ma do una speranza a Saheed, nel frattempo rimbrottato dal suo coach.
Si riparte e la storia non cambia: Kallberg pare uscito da una catena di montaggio Ikea, sbaglia niente, il suo avversario fatica a stargli dietro ma almeno questa volta combatte. E si carica. E approfitta di un rarissimo calo di attenzione del biondastro: 11-13! Clamoroso al Cibali parigino.
Il pubblico inizia a prestare attenzione, io pure. Ma è tempo sprecato: il robot scandinavo si pappa il babà africano in un sol boccone: 11-4, 11-6 e complessivo 3-1.
La sfida è segnata, troppa differenza tecnica e tattica. Il coach congolese guarda il suo ragazzo come per dire “‘A Sa’, stamo affà na figura emmerd”.
Inizia la quinta mini partita e ti aspetti una cosa veloce, stretta di mano e arrivederci, ma qui si accende la luce: Saheed si ribella e inizia a picchiare con una lucidità e carica bestiale. Pare Fantozzi nella leggendaria sfida a biliardo a casa Catellani e “Mi permette un colpo?”.
A ogni punto Saheed urla come un lupo maremmano per convincersi che si-può-fare! Nello sguardo dello svedese solo un minimo fastidio, fatto sta che il pubblico, come per magia, inizia a scandire il nome del colosso di Brazzaville: Sah-eed! Sah-eed! E Saheed non tradisce: 12-14 6-11, complessivo 3-3. Si va alla sfida finale!
Ora il palazzetto è realmente un catino rovente, tutto dalla parte del francofono. Il mobiletto Ikea pare un filo sbullonato, il suo coach lo guarda severo come per dire “vedi di vincere altrimenti torni a casa a piedi”, Saheed perde litrate di sudore che la pezzuola di spugna fatica a contenere.
Si procede punto a punto, a ogni sferzata del congolese viene giù tutto, quando il punto arriva da Stoccolma è tutto un “noooooooooooo!”.
All’improvviso lo schermetto suona e mi avvisa: “Azzurri in gara! Cambia canale pirla!”, ma non lo farei per niente al mondo: “Colcazzo giro! Daje Saheed! Sfondiamo ‘sto armadietto svedese!”.
Ma sull’incredibile 8-9 per Saheed vien fuori il ranking: Anton congela i suoi neuroni, si trasforma in un assassino a sangue freddo e sbaglia nulla: 9-9, 10-9, match point.
Saheed recita tutti i santi del Congo, prova a farsi forza, cerca il suo coach che lo guarda come per dire: “‘A Sa, se fai ‘sto miracolo ti porto al Moulin Rouge”.
Niente miracolo, niente favola, niente di niente: Saheed sbaglia in risposta e per la prima volta il biondo esulta per davvero, l’eroe di Brazzaville è sconfitto e abbassa lo sguardo.
Cala il silenzio, ma solo per un attimo: “Sa-heed! Sa-heeed! Sa-heeeeed!”. Migliaia di tifosi presenti al palazzetto celebrano il loro idolo, lo ringraziano per questi 59 minuti serratissimi di pura passione, lui esce a braccia alzate come Rocky Balboa in “Rocky I”, io fisso devastato lo schermo mentre Saheed imbocca il tunnel seguito dal suo coach e scompare per sempre negli spogliatoi.
Penso: “Non lo rivedrò mai più”. E subito dopo: “Minchia, che colazione…”
Le Olimpiadi.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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