The guru behind the guru. Non siamo sicuri che apprezzerebbe Juanma Lillo, di essere definito così. Anzi: saremo quasi certi del contrario, avendo il raro privilegio di poter quasi essere definirci “amici di penna”. Che poi più che amici siamo fedeli seguaci, pronti a meravigliarci a ogni nuovo audio che ci arriva (“preferisco gli audio messaggi allo scritto, è come se chiacchieratissimo"). Il guru sul palcoscenico del mondo del calcio è Pep Guardiola, probabilmente il miglior allenatore della storia del calcio, sicuramente senza rivali negli ultimi vent’anni. Quello dietro è, appunto, Juanma Lillo, che però nel prossimo mese sostituirà il tecnico catalano sulla panchina del Manchester City.
Un problema alla schiena ha bloccato Pep che è costretto a operazione e convalescenza ma, dolore a parte, saremmo quasi certi che a Guardiola questo mese di visibilità di Juanma faccia piacere.
Come fa piacere a chiunque conosca un po’ Lillo, e sa quanto quest’uomo è uno degli uomini più ascoltati del mondo del calcio. Venerato da tantissimi addetti ai lavori, forse deriso da imbrattagiornali che riconoscono nel palmares l’unico metro per definire un tecnico, e pure un uomo di calcio. Poveri diavoli, visto che si perdono le perle di calcio e soprattutto di vita che regala Juanma. E che invece Pep non ha mai voluto perdersi dal momento in cui, incrociandolo in un campo di gioco di Spagna, a Oviedo.
Ce lo racconta lui stesso, com’è avvenuto l’incontro, e già dice tutto: “Avevamo appena finito una partita di campionato, abbiamo perso 4-2 dal Barcellona di Bobby Robson (c’era Mourinho come assistente), ma abbiamo giocato molto bene.
Ero alla mia seconda stagione in Liga, la precedente era stata con Salamanca. Siamo andati nello spogliatoio e il delegato del club è venuto e mi ha detto: "Juanma, Guardiola è fuori, puoi uscire un attimo". Pep non era ancora andato nel suo spogliatoio per cambiarsi, era ancora sudato, con gli scarpini. Ovviamente sono uscito, come poteva dispiacermi parlare con il miglior centrocampista della storia del calcio! Mi ha salutato, mi ha elogiato, mi ha detto che era già stato sorpreso dalla mia squadra nel campionato precedente quando abbiamo giocato contro la sua squadra e che gli era piaciuto il modo in cui avevamo giocato quel pomeriggio, e mi ha chiesto se potevamo iniziare a tenerci in contatto. Quello che sto per dire, che sembra parlare bene di me, in realtà parla bene di Guardiola. Lo ritrae come persona. Ecco com'è Pep: onestà, dignità… E quello che è iniziato come una piccola cosa professionale si è trasformato in molto di più".
È la nascita di un'amicizia. Anzi, di più. È la scoperta di una fratellanza. Per il Loco Abreu “Juanma e Pep insieme, è come un incontro tra l’Einstein e il Picasso del calcio”. Semplicemente, e con una profondità andata via via diventata unica. Noi siamo entrati nel mondo di Lillo grazie a Micaela Acevedo, giornalista argentina che lavora a InterTV e che è l’unica in Italia che riesce ad avere contatti diretti con questi giganti del mondo del futbol. E solo grazie a lei che siamo riusciti ad avere una intervista, unica per l’Italia (e non solo: durante il mondiale in Qatar, The Athletic, oggi testo di riferimento mondiale della stampa di calcio, ha pubblicato in due puntate una lunga conversazione), che abbiamo inserito nel nostro libro su “Pep Guardiola”.
La conversazione parte in maniera fulminante: “Non ero stato un giocatore - ci ha detto Lillo - e questo mi ha quasi obbligato a essere più vicino ai miei giocatori, a cercare la complicità. Questo ti cambia la prospettiva. Tutti gli allenatori sono un po’ tante cose, ma io mi considero didattico. Nel senso che voglio facilitare l'acquisizione da parte dei giocatori di una coscienza di ciò che sono e di cosa stanno facendo. Non credo si tratti solo di calcio, io parlo di uomini. Niente può essere decontestualizzato. Come vivi, chi sei, l'importanza che dai alle relazioni, al comportamento, all'interazione: tutto questo influisce su come funziona una squadra. Nella nostra società, ci sono molti insegnanti ma pochi educatori, meglio, pochi facilitatori. Come diceva Francisco Umbral: ogni giorno che passa la gente è più qualificata, ma meno istruita. La gente ha un MBA, o un MBB, ma magari fa fatica a raccontare quel che avviene per strada e ancor meno ha empatia per vedere le cose dal punto di vista degli altri. Per quanto riguarda il mio lavoro, l'empatia è vitale. Sono le persone che rendono migliore un qualsiasi ambiente di lavoro che agevolano una buona atmosfera piuttosto che una pesante. Bisogna rendere i giocatori consapevoli di cose che forse non possono vedere. Anche perché di questi tempi giocare in una squadra è sempre più difficile…”. Poco da aggiungere, è unico.
Come unica è la sua esperienza, in giro per il mondo. Oltre la Spagna, i Paesi Baschi dove è nato (terra di Gipuzkoa), c’è il Messico, dove allena per la prima e unica volta proprio Pep Guardiola, che va lì solo per lui, poi Colombia, Cile, Giappone, Cina e ultimo anche il Qatar. L’ultimo posto dove lo abbiamo incontrato. È però rientrato a Manchester, anche per vicende personali. Il mondo del calcio non sempre riconosce i profeti, non sempre celebra chi merita. Guardiola lo ha ripresentato così, alla stampa: “ Oltre alla sua sublime conoscenza del calcio, Juanma è in grado di individuare anche le cose più specifiche che accadono ai calciatori, è una grande persona.” Di quelle persone che sembrano avere lucidamente in testa le questioni ultime del gioco e le sanno mescolare con quelle della vita. Non per tutti, non per “mediocri”, per usare una etichetta cara a Diego Maradona, il più grande, e inarrivabile giocatore che abbia mai calcato il campo di gioco, per Lillo, che ha un vero e proprio culto per il Diez. Alla ricerca di Diego, Juanma entra nelle pieghe del calcio di una volta (fino agli Anni Novanta, il massimo picco di interesse, per lui), cita autori e riviste d’antan, colleziona partite e immagini che vorrebbe mettere a disposizione di tutti (“il calcio non deve essere solo per le élites”).
Esistono una miriade di frasi da scolpire nella pietra, che sarebbero da imparare a memoria, per chi si occupa di calcio uscite dalla bocca di Juanma Lillo. Scegliamo questa: “Si deve rispettare il diritto a opinare, ad avere opinioni, è inalienabile ma non tutte le opinioni sono da rispettare. Che io, sul processo di crescita delle farfalle in Camerun, posso pure dire la mia opinione, però insomma…posso dirti che è troppo lenta però non credo valga molto. Diritto ad opinare, ma non tutte le opinioni sono rispettabili…”. Ed evidentemente l’opinione di Lillo è molto ascoltata. Un flusso continuo che nella storia riceve elogi da Menotti a Pep, passando per tutti i grandi del calcio. Non un tipo facile, sicuro un tipo unico. Juanma è così, il genio si asseconda, non si ingabbia: e la ricchezza umana, culturale, filosofica e calcistica merita di volare libera. Pep, che l’ha rincorsa e riconosciuta, oggi può viverla pienamente. E certamente sarebbe il primo a etichettarla come vera grandezza.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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