Maurizio Sarri è tornato a parlare, e lo ha fatto a modo suo: diretto, incisivo e senza compromessi. L’allenatore della Lazio, intervistato da Sky Sport, ha affrontato i grandi temi che affliggono il calcio italiano, puntando il dito contro un sistema che fatica a trovare identità e connessione tra club e Nazionale.
DUE MONDI OPPOSTI - Secondo Sarri, nel nostro calcio esiste un conflitto evidente tra ciò che avviene nei club e quello che succede nelle competizioni internazionali. «In Italia predomina il calcio difensivo basato sui duelli individuali, mentre in Europa si impone chi gioca guardando la palla e facendo circolare rapidamente il pallone», osserva il tecnico biancoceleste, citando come esempi la Spagna, il Portogallo e il Paris Saint-Germain.
SCOMMESSA SUI GIOVANI - Il problema della carenza di talenti italiani, per Sarri, è legato soprattutto alla perdita di sintonia tra club e Nazionale: «Negli ultimi anni il calcio italiano ha ottenuto risultati importanti nei club, con buone posizioni nel ranking UEFA, ma ciò contrasta nettamente con una Nazionale esclusa per dodici anni dai Mondiali. Il motivo? In Serie A gli italiani convocabili non superano il 15-20%».
SODDISFAZIONE OLTRE I TROFEI - Sarri riflette anche sulla propria carriera, sottolineando che per lui conta molto più il percorso che i trofei. «I tre anni vissuti a Napoli mi hanno regalato emozioni e divertimento superiori a qualsiasi coppa vinta. In Italia, purtroppo, c’è un’esaltazione eccessiva della vittoria. Eppure, nella storia, ci ricordiamo spesso di squadre che non hanno alzato trofei, come l'Olanda degli anni '70 o il Napoli di Vinicio».
L'IMPORTANZA DI DIVERTIRSI - L'allenatore toscano evidenzia quanto il divertimento sia un elemento centrale per il successo: «Se io mi diverto, lo trasmetto alla squadra e di conseguenza a tutto lo stadio. È successo a Napoli: se la squadra si diverte e diverte i tifosi, anche una sconfitta viene vissuta diversamente. Divertimento però non significa leggerezza negli allenamenti, ma lavorare ancora più intensamente per dominare le partite».
TROPPO POCO TEMPO AGLI ALLENATORI - Sarri critica duramente anche il valzer degli allenatori, tipicamente italiano: «Si giudica troppo presto, bastano poche partite per essere messi in discussione. Eppure sono i cicli lunghi che cambiano davvero le squadre e gli ambienti, come accaduto a Bergamo con Gasperini o in Inghilterra con Klopp e Guardiola. In Italia, invece, tutto questo è più difficile».
CORAGGIO E PREMIER LEAGUE - Tra i colleghi, Sarri rivela grande ammirazione per Luis Enrique: «Ha avuto il coraggio di cambiare il PSG puntando su giovani del 2005 e lasciando partire stelle come Mbappé. Tutti lo ritenevano folle, ma alla fine ha vinto lui». Non manca poi il riferimento alla Premier League: «Quello è un mondo diverso, l’NBA del calcio, dove tutto è amplificato, dalle strutture ai media internazionali».
LA FILOSOFIA DI SARRI - Sul suo stile di gioco, Sarri è chiaro: «Il mio calcio si basa sull'organizzazione estrema e sull'identità collettiva. Cerco il predominio offensivo, ma devo adattarmi ai giocatori che ho. Non si può sempre replicare il Napoli del 2018, serve esaltare le qualità della rosa che si ha a disposizione. Credo che giocare bene porti sempre più possibilità di vittoria che puntare solo sul risultato immediato».
Sarri lancia un messaggio chiaro: serve tornare all'essenza del calcio, con idee, coraggio e soprattutto tempo. Solo così, secondo lui, il movimento italiano potrà ritrovare la sua vera identità e tornare a competere davvero ai massimi livelli.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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