Gli abitanti di Anif, un sobborgo di quattromila anime nei dintorni di Salisburgo, nel giugno del 2012 si videro letteralmente 'portar via' la squadra dilettantistica, trasferita dalla nuova proprietà della Red Bull nel vicino quartiere di Liefering. Venne fondata poi una nuova squadra, queste si fusero, e da lì la storia è cambiata. Nuovi colori sociali, nuovo destino, il Football Club Liefering GmbH fondato nel 1947 come USK Anif diventa ufficialmente il laboratorio dei bibitari del calcio. Le regolamentazioni meno stringenti sull'acquisizione degli extracomunitari, unite alle pressioni quasi inesistenti di una squadra di provincia austriaca, permettono al piccolo e fino ad allora sconosciuto Liefering di avere nella sua rosa nel corso degli anni giocatori diventati delle vere e proprie stelle del calcio internazionale. Quella che leggerete sotto sarà una lunga lista ma che spiega da sola quello di cui tra poco andremo a parlare: l'ossessione di alcune proprietà americane in Italia per il modello Red Bull e tutti i rischi annessi e connessi (come dimostra il flop del Chelsea di Todd Boehly).

Giocatori arrivati al Liefering. Una lista folle
Si parte con Duje Caleta-car, preso dal Salisburgo dal Sibenik a sedici anni (ora è al Lione). Poi Hee Chan Hwang (ora al Wolverhampton), prelevato dal settore giovanile dei Pohang Steelers in Sud Corea. André Ramalho fa tutto il percorso: Red Bull Brasil (prima era al Palmeiras), poi Anif, poi Liefering (ora al PSV Eindhoven). Stefan Lainer (ora al Borussia Monchengladbach) e Kondrad Laimer (ora al Bayern Monaco) arrivano da due squadre di provincia austriaca come Mergim Berisha (ora all'Hoffenheim) e lo stesso dicasi per Hannes Wolf (a breve nuovo giocatore del New York City FC, ora al 'gladbach). Diadie Samassekou (ora all'Hoffenheim) è la prima grande pescata africana, direttamente in Mali, dal Real Bamako. Così un anno dopo tocca, dal JMG Bamako, sempre in Mali, ad Amadou Haidara (ora al Lipsia) e a Patson Daka, in Zambia al Kafue Celtic (ora al Leicester City). Il percorso dell'ex viola Igor (ora al Brighton) è tutto Red Bull, anche in Brasile, la prima tappa austriaca è chiaramente il Liefering. Siamo 'solo' al 2017: dal piccolo Fonix in Ungheria arriva Dominik Szoboszlai (ora al Liverpool). Un'estate che porterà anche Enock Mwepu (si è ritirato dopo il Brighton per problemi personali) dal Kafue Celtic in Zambia, Mohamed Camara dal Mali, dal Real Bamako (ora è al Monaco), sempre dal Mali anche Sekou Koita dall'USC Kita (ora al Salisburgo). Un anno più tardi la punta (ora al Borussia Dortmund) Karim Adeyemi dal piccolo Unterachting in Germania, i bibitari alzano anche il tiro e prendono Abdourahmane Barry dalla cantera del PSG (ora all'Amiens). Dal Liefering passa anche lo straordinario attaccante sloveno (ora al Lipsia) Benjamin Sesko, preso dall'NK Domzale, il danese Maruits Kjaergaard (ora al Salisburgo) prelevato dal Lyngby, e fanno tutta la trafila delle giovanili dei bibitari anche Junior Adamu (ora al Friburgo) e Luka Sucic (ora al Salisburgo). Karim Konaté (ora al Salisburgo) è solo l'ultimo esempio ma la lista potrebbe andare avanti ancora e ancora e ancora, ma potremmo aumentare anche il numero dei tentativi falliti, presi in Africa, in Asia, nelle università statunitensi e non soltanto.

L'ossessione Red Bull
Questo lungo antefatto per spiegare una cosa. Che il modello non è replicabile alle nostre latitudini. Perché un laboratorio così, ma in egual misura anche quello del Salisburgo, non è fattibile in Italia. Sono spunti da prendere, certo. Fare scouting così, credere nelle proprie idee, andare alla ricerca del talento laddove nessuno prima aveva pensato e immaginato è qualcosa che merita tanto di cappello. Le proprietà americane di Milan e Roma, per far due esempi non a caso, hanno il pallino fisso del modello dei bibitari austriaci. Per questo il direttore sportivo 'modello' che stanno cercando è più un chief scout che un uomo di campo, e allora Christopher Vivell che dalla Red Bull è andato al Chelsea (sì, quello di Todd Boehly che ha preso giovani e talenti a decine), allora Paul Mitchell che ha provato a esportare il modello RB nel Principato di Monaco (risultati alterni) e che già era stato cercato dalla proprietà rossonera quando si ventilava di un possibile avvento dell'era Ralf Rangnick. Tra i nomi che rimbalzano, peraltro per entrambe le piazze, ci sono pure quelli di Michael Edwards e Julian Ward, due che grazie alle loro idee e al loro modello, hanno fatto le fortune del Liverpool con Jurgen Klopp. Sarebbero chiaramente profili diversi, ma l'idea è sempre la stessa, e lo dimostrano anche alcuni dei nomi (Jesse Marsch, Oliver Glasner) che gravitano per le panchine. L'Italia non è però l'Austria, non è la Germania, non c'è la possibilità di avere un laboratorio come il Liefering e questo le proprietà amanti del Moneyball dovranno capirlo una volta per tutte. C'è una via di mezzo tra Mourinho e Rangnick, beninteso, il segreto potrebbe essere trovare il giusto equilibrio. E perché no, magari con una pista italiana, o che abbia già vissuto il nostro campionato, sia in campo che dietro la scrivania, senza il bisogno di dover copiare a ogni costo qualcuno non importabile alle nostre latitudini

Sezione: Altre news / Data: Ven 19 gennaio 2024 alle 09:30 / Fonte: Marco Conterio per TMW
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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