Una vita vissuta a strappi, tra treni presi in corsa e occasioni bruciate. Moris Carrozzieri, 45 anni, parla senza filtri e spalanca le porte del proprio passato: l’ascesa improvvisa, il carattere istintivo, la squalifica per cocaina, le amicizie perdute. Dentro la sua storia ci sono talento, rabbia, rimpianti e un’autodistruzione che lo ha strappato alla carriera che avrebbe potuto avere.
UNA VITA IN SALITA – Carrozzieri racconta il suo primo salto, quello del 2003, quando da Teramo si ritrovò in Serie A con la Sampdoria: «Paratici mi scoprì. Mi dissero che sarei arrivato in A e pensai fossero pazzi». Invece era tutto vero - confida in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport -. Novellino lo buttò dentro subito, chiedendogli se avesse “le palle per giocare a San Siro contro l’Inter”. «Risposi: che problema c’è?». Un anno da titolare, poi la tournée in Cina con il Milan, i complimenti di Ancelotti. Sembrava l’inizio di una storia bellissima.
IL CASO NOVELLINO – Poi qualcosa si spezza. Il rapporto con l’allenatore frana per via della Gea, la scuderia che curava gli interessi del difensore: «Non li sopportava. Mi multò ingiustamente per una presunta serata in discoteca. Bazzani confermò che non era vero, ma lui insisteva. Non ci ho visto più: gli ho dato un pugno». Da lì, fine delle opportunità. E una reputazione complicata.
TRA JUVE E ATALANTA – Nel 2006 Carrozzieri sfiora la Juventus: «Tre cene a casa di Moggi, precontratto quinquennale. Poi scoppiò Calciopoli. Addio Torino». Riparte dall’Atalanta, ma trova un’altra mazzata: due mesi di squalifica per omessa denuncia in un caso di calcioscommesse in cui giura di non essere coinvolto. «Mai scommesso in vita mia. Tutto montato ad arte».
LA CADUTA VERA – Ma il colpo più duro arriva nel 2009, a Palermo: due anni di squalifica per cocaina. Carrozzieri non si nasconde: «Sono stato un coglione». Una confessione nuda: «Avevo chiuso col Milan, cinque anni di contratto. Era fatta. Qualche sera prima della partita col Torino avevo assunto droga per la prima volta. Festeggiavo. Un errore folle». Quando viene trovato positivo, tutto crolla: «Sparirono tutti. Solo la mia famiglia, Miccoli e Flachi mi rimasero vicino. Zamparini fu un signore e continuò a pagarmi».
ISOLAMENTO E RIPARTENZA – Due anni ai margini, allenandosi da solo e raccontando la sua storia nelle scuole. Carrozzieri ricorda quella solitudine con amarezza: «Ero incazzato col mondo, ma la verità è che avevo deluso tutti. Prima di tutto mia madre e mio padre».
UN PADRE COME FARO – I ricordi più intensi sono legati proprio a lui: «Quando avevo 14 anni, restai fermo un anno. Pagò venti milioni di lire per la riabilitazione. Era il mio faro». Il giorno del debutto in A, il padre perse il portafogli sul treno «ma se ne fregò: voleva solo vedermi giocare».
IL PESO DEI “WHAT IF” – Carrozzieri è convinto che avrebbe potuto arrivare molto più in alto: «Sarei andato al Milan, forse anche in Nazionale. Ero stato preconvocato per Italia–Svezia». Una carriera riscritta da una notte sbagliata.
IL PARAGONE CHE FA MALE – Una stoccata arriva sul tema delle squalifiche: «Chi truccava le partite oggi è ancora nel calcio. Io ho danneggiato solo me stesso e sono stato escluso da tutto». Un riferimento esplicito ad Andrea Masiello.
CHI È OGGI MORIS CARROZZIERI – Oggi ha chiuso i locali che gestiva a San Benedetto e sta costruendo un’agenzia per seguire i giovani con Donato Di Campli. Sogna di fare il direttore sportivo o lavorare nel vivaio. Vive per sua figlia Nina e per la compagna Ilaria. E smentisce un presunto flirt mediatico: «Con la Mosetti solo amicizia».
La storia di Carrozzieri è un romanzo dolente di talento, errori e ripartenze. Chiude la sua ultima confessione con una consapevolezza che arriva solo dopo aver toccato il fondo: affrontare la paura, come nel film di Sorrentino, e provare a essere luce nella propria oscurità.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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