Quando Raffaele Palladino si è seduto per la prima volta su una panchina di Serie A, il 16 settembre 2022, nessuno avrebbe scommesso su di lui. Un esordiente, a Monza, con un solo punto in sei partite e un calendario da incubo: di fronte, la Juventus. Quel giorno, però, è cominciata la parabola di un allenatore destinato a sorprendere. Il Monza vinse, Palladino si prese la scena e da allora non ha più smesso di crescere.
MONZA, IL MIRACOLO DEL DEBUTTANTE - Nel suo primo anno in A, Palladino firmò un piccolo capolavoro: 52 punti, salvezza tranquilla e una squadra riconoscibile per gioco e personalità. L’anno successivo arrivò la conferma della solidità: un’altra stagione positiva, una gestione equilibrata, una dimensione tattica moderna che attirò le attenzioni di molti club.
La sua Monza era brillante, propositiva, capace di esaltare giovani e rilanciare esperti. Una squadra che rifletteva il suo allenatore: ambiziosa, spavalda, senza paura di osare.
FIRENZE, DAI CONTRASTI ALL’ARMONIA - Nell’estate 2024 Palladino si trasferì a Firenze, raccogliendo l’eredità di Vincenzo Italiano. L’avvio non fu semplice: i risultati tardavano, il gioco faticava a decollare, e i rapporti con il direttore sportivo Daniele Pradè si rivelarono da subito fragili.
Eppure, come spesso accade con i tecnici di carattere, la svolta arrivò quando sembrava tutto in bilico: otto vittorie consecutive in campionato e una rimonta che riportò entusiasmo e fiducia in città.
Sotto la sua guida, la Fiorentina raggiunse la semifinale di Conference League – eliminata a testa alta dal Betis Siviglia – e chiuse la Serie A a 65 punti, miglior piazzamento dal 2013/14.
Una stagione da applausi, nonostante le frizioni interne e le tensioni mai del tutto sopite. Quando a giugno la società esercitò il rinnovo automatico del contratto, Palladino scelse comunque di dimettersi: una decisione sofferta ma coerente, dettata dal desiderio di trovare un ambiente pronto a sposare fino in fondo la sua visione di calcio.
IL RITORNO IN PANCHINA: BERGAMO LO ASPETTA - La chiamata, come spesso accade ai tecnici dal destino scritto, non si è fatta attendere. L’Atalanta, orfana dell’energia di Gasperini e reduce dal fallimento della parentesi Juric, ha visto in Palladino l’uomo giusto per riaccendere la fiamma.
Il suo calcio, coraggioso e organizzato, si sposa perfettamente con la filosofia nerazzurra: pressing, intensità, verticalità e attenzione maniacale ai dettagli. Palladino arriva a Bergamo con un contratto fino al 2027 e la consapevolezza di dover restituire identità e orgoglio a una piazza che per anni ha vissuto di sogni e ambizioni europee.
UN TECNICO CON UNA VISIONE - Giovane ma già esperto, elegante ma determinato, Palladino rappresenta la nuova generazione di allenatori italiani: metodici, flessibili, moderni. Le sue squadre non si limitano a giocare bene: sanno soffrire, sanno adattarsi. Lavoro quotidiano, empatia con il gruppo e letture tattiche raffinate sono i suoi marchi di fabbrica. A Bergamo trova un terreno fertile, un club che non ha paura di ripartire dai giovani e una tifoseria pronta a riaccendersi.
L’EREDITÀ DI GASP, L’OPPORTUNITÀ DI PALLADINO - L’ombra di Gasperini è ingombrante, ma Palladino arriva senza complessi. È diverso, ma non antitetico. Porta con sé la stessa fame di costruire, la stessa ambizione di lasciare un segno. Se a Monza ha acceso la speranza e a Firenze ha ritrovato la bellezza, a Bergamo potrà costruire il suo capolavoro, riportando la Dea a guardare verso l’alto.
La sua storia lo insegna: Raffaele Palladino non è uno che si accontenta di sorprendere. È uno che punta a restare.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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