Simone Puliafito conosce l’Hellas Verona come le sue tasche: oggi titolare dell’agenzia di comunicazione Taeda, realtà di primo piano al fianco di aziende di successo, è stato a lungo Responsabile della Comunicazione del club gialloblù. Opinionista televisivo per Telarena, continua a osservare le dinamiche del calcio con occhio critico e appassionato. È lui a introdurci alla sfida del Bentegodi, raccontandoci una Verona che vive di passione viscerale, ma che in settimana ha alzato la voce contro la nuova proprietà.
Che aria si respira in città e come arriva l'Hellas a questa partita?
«Tra la tifoseria c’è un po’ di maretta - descrive, in esclusiva, ai microfoni di TuttoAtalanta.com -. La Curva, in particolare, sta chiedendo con decisione chiarezza alla nuova proprietà sulla direzione che intende dare alla società. In settimana sono comparsi striscioni rivolti alla Presidenza, con richieste esplicite sui piani futuri del Club. Nonostante ciò, non parlerei di un clima apertamente ostile. La Curva ha diramato un comunicato in cui ribadisce l’importanza di sostenere la maglia, sottolineando però che non bisogna rassegnarsi alla mediocrità. Se il tifo organizzato alza la voce, in città prevale un sentimento di dispiacere: la gente vede una squadra che lotta e dà tutto, ma che raccoglie molto meno di quanto semina. Tecnicamente, infatti, il Verona ha spesso ottenuto meno di quanto meritasse. A parte la gara contro la Lazio, probabilmente la peggiore dell’anno, contro Inter, Genoa e Roma la squadra se l'è giocata, pagando dazio nella gestione dei momenti chiave e nella scarsa precisione sotto porta».
È la mancanza di cinismo il problema principale?
«La squadra spende moltissimo in termini di agonismo e arriva poco lucida negli ultimi metri, nonostante gli attaccanti abbiano caratteristiche complementari. Penso a Giovane, più tecnico e rifinitore, e a Orban, che ha quella sana "ignoranza" calcistica e quel furore che ti portano a prendere iniziative imprevedibili. È una coppia ben assortita, ma manca la precisione. Anche il tipo di gioco attuale, molto dispendioso, toglie un po’ di lucidità al momento di finalizzare».
Manca un vero leader in campo?
«Il mercato ha portato molti innesti, ma ci ha privato di giocatori di grande esperienza. Le partenze di Lazovic, Dawidowicz e Faraoni si fanno sentire eccome all'interno dello spogliatoio. Erano figure capaci di fare la differenza, sia nella gestione emotiva che in quella tecnica della gara, specialmente nei momenti di difficoltà».
La rosa è competitiva per la Serie A?
«La rosa rispecchia fedelmente la politica del ds Sogliano: molte scommesse e qualche intuizione, con l’obbligo costante di fare nozze coi fichi secchi. Detto questo, sei punti sono troppo pochi per il valore espresso. Almeno due o tre punti in più sarebbero stati pienamente alla portata di questo gruppo».
Il Verona è tra le squadre con più falli e ammonizioni. È nervosismo o aggressività tattica?
«Non credo sia nervosismo, non ho visto episodi di cattiveria gratuita. Per me è una questione di lettura della partita. Quando mancano ordine e consapevolezza nella gestione della gara, subentrano frenesia e ansia. Si commettono falli per rimediare a errori di posizionamento o per troppa foga. E alla fine sono leggerezze che paghi».
Il Verona non vince in casa da febbraio. Che partita ti aspetti contro l’Atalanta di Palladino?
«Ogni punto ora è vitale per la classifica. Il Verona se la giocherà con tutti i suoi limiti, aggravati dalle difficoltà di formazione, ma l’ambiente ci tiene. Il pubblico supporterà la squadra, anche se siamo consapevoli che sarà una sfida durissima. Affrontare un avversario lanciatissimo, che ha cambiato marcia dopo l'arrivo del nuovo tecnico, non è certo l'ideale in questo momento».
I nerazzurri arrivano col morale a mille dopo tre vittorie consecutive. Diverso l’umore sulla sponda dell'Adige...
«Vero, ma a Verona basterebbe una scintilla per rianimare tutto. È una piazza che ti dà tantissimo, ma è anche molto umorale. Serve davvero poco per riaccendere l'entusiasmo».
Cosa temi di più dell’Atalanta?
«L’Atalanta ha un reparto offensivo di livello assoluto. Forse qualcosa è cambiato nelle caratteristiche delle punte nel passaggio da Retegui a Krstovic, ma hanno De Ketelaere, Lookman e un centrocampo di qualità enorme. È una squadra che probabilmente paga un avvio deficitario, ma ha tutto per recuperare in fretta. Quando arriva un nuovo allenatore, i giocatori danno sempre quel qualcosa in più. Credo che la Dea abbia una gran voglia di riprendere il treno delle prime, anche perché davanti corrono forte».
Nel Verona c’è qualcuno che può impensierire la Dea?
«Ci sono individualità interessanti. Giovane, nonostante un impatto finora limitato, è un profilo di ottima prospettiva e ha qualità che emergono anche nelle partite più "sporche". Poi c’è il ballottaggio offensivo: Mosquera è più statico, molto fisico, lavora di sponda; Orban è più finalizzatore. Spero che Giovane possa essere il valore aggiunto, augurandomi di non portargli sfortuna dicendolo».
Dovrete fare i conti anche con un’infermeria piena.
«La situazione indisponibili è complicata. Bradaric è out, al suo posto dovrebbe giocare Frese. Serdar è fuori da un po’, Akpa Akpro è in forte dubbio e Gagliardini è squalificato. Le scelte sono quasi obbligate».
Quanto può incidere il fattore Bentegodi?
«Il tifo si sente, la nostra Curva ha uno stile molto "inglese". Nonostante la maretta con la proprietà – perché in dieci mesi sembra che tutto sia cambiato affinché nulla cambi davvero – la tifoseria non smette di sostenere. Al veronese interessa vedere la maglia sudata. Se poi arrivano i punti, tanto meglio, anche perché la vittoria manca da troppo tempo».
Sei punti in 13 giornate. È una sfida decisiva per mister Zanetti?
«Mediaticamente viene dipinta come decisiva, ma Sogliano e la società non sono dirigenti che esonerano a cuor leggero. Non ho mai avuto la sensazione che Zanetti abbia perso il polso della squadra. Anche l’anno scorso il Verona ha vissuto momenti terribili, prendendo imbarcate da cinque o sei gol, ma poi ha trovato la quadra. Spero sia solo una fase. Il percorso è coerente con le possibilità attuali: mancano i punti, ma la squadra c’è. È una questione più caratteriale che tecnica».
Credi ancora nella salvezza?
«Sì. Siamo alla tredicesima giornata: non sono poche, ma c'è tempo. Le rivali sono alla portata. Togliendo la Cremonese, che sta facendo un campionato eccezionale, e il Sassuolo, strutturato per altri obiettivi, le altre sono lì. Non ho visto un Parma straordinario, anche se ha buone individualità, mentre il Pisa resta un concorrente diretto. Stupisce vedere la Fiorentina sul fondo. Poi ci sono Lecce e Cagliari. La salvezza è possibile, ma bisogna iniziare a muovere la classifica rapidamente».
Dove vedi l’Atalanta a fine stagione?
«Un piazzamento in Europa sarebbe un risultato di valore. Tolte le "solite" Inter, Milan, Napoli e Roma, quest’anno c’è un Bologna che ha preso margine. La Juve la vedo in lotta per le prime quattro, non per lo Scudetto. Il Milan ha margini ma non entusiasma nel gioco, è la big che mi convince meno. Se il Napoli esce dalle Coppe, Conte può diventare devastante concentrandosi solo sul campionato. L’Inter resta la più attrezzata, ma vedo troppi errori ricorrenti, come la marcatura a zona e le ripartenze subite, che alla lunga si pagano. Per l'Europa occhio al Bologna: Sartori è un maestro, chi lo ha visto a Verona e Bergamo lo sa bene. E attenzione al Como: proprietà ambiziosa e squadra giovane. Spero che l’Atalanta centri l'Europa: cambierebbe molto per prestigio e crescita del progetto, che seguo sempre con interesse».
In che senso segui il progetto nerazzurro?
«Da appassionato di calcio e imprenditore, ammiro la sensibilità verso il radicamento territoriale e le iniziative sociali che la società porta avanti da anni, oltre al fatto di avere uno stadio di proprietà che è un gioiello».
Chiudiamo con un pensiero all'altra veronese, il Chievo, che nel suo girone sfida le bergamasche per la promozione.
«Vincere è difficile in ogni categoria, dagli amatori alla Serie A. Ripartire e risalire la china è sempre complicatissimo, anche se hai giocatori di qualità. È un percorso lungo».
Dalle parole dell’ex Responsabile della Comunicazione gialloblù emerge la fotografia nitida di un Verona sospeso tra difficoltà di classifica e la necessità di ritrovare certezze. La sfida con l’Atalanta arriva in un clima elettrico, ma mai rassegnato. Lo sguardo di Puliafito, lucido e profondo, ci restituisce l’immagine di una piazza che ribolle di passione e che, nonostante le contestazioni, è pronta a stringersi ancora una volta attorno alla sua squadra.
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