Non servono giri di parole, basta uno zero. Zero tiri in porta, zero lampi, zero emozioni. È questo il dato che fotografa alla perfezione la giornata nera dell’Atalanta, uscita sconfitta dal Bluenergy Stadium con la sensazione di non aver mai davvero giocato. Non solo non si è vinto — l’ultima vittoria in campionato resta quella del 21 settembre contro il Torino — ma stavolta non si è nemmeno mai tirato in porta. Un dato inedito: neppure a Parigi, nella notte più difficile di Champions, la Dea era rimasta a secco di conclusioni nello specchio. Stavolta sì. E contro la peggior difesa del campionato.
ATTACCO SPENTO, IDEE OFFUSCATE –È apparsa svuotata la squadra e spento l’attacco, in tutte le sue versioni. Juric ha provato a ruotare gli uomini per ritrovare brillantezza e concretezza, ma il risultato è stato un crollo collettivo. Il ritorno da titolare di Gianluca Scamacca, al centro del tridente dopo oltre due mesi, doveva rappresentare la ripartenza di un leader tecnico. Invece il centravanti ha mostrato tutta la ruggine accumulata: tanto movimento, poca sostanza e nessun pallone giocabile davvero utile per far male a Okoye. L’allenatore - scrive L'Eco di Bergamo - ha provato ad affidarsi a Samardzic e Sulemana per dare imprevedibilità e ritmo, ma la coppia ha tradito le attese. Il serbo, ex di giornata, non ha inciso nemmeno emotivamente; il ghanese ha segnato un gol poi annullato, ma non è riuscito a dare la scossa che serviva. Era la loro occasione per scalare le gerarchie, l’hanno sprecata.
CAMBI E SCHEMI, MA IL PROBLEMA È ALTRO – Nel secondo tempo Juric ha tentato di rianimare la squadra inserendo Krstovic, Lookman e De Ketelaere, ma il copione non è cambiato. Qualche guizzo, poca profondità, nessuna vera occasione. Nel finale, come già accaduto a Cremona, il tecnico ha riproposto il 4-2-3-1 per cercare più soluzioni offensive, affidandosi all’energia di Brescianini, ma anche quella mossa è servita solo a mascherare per qualche minuto una realtà evidente: questa Atalanta è scarica, nel corpo e nella testa.
Non è più una questione di moduli o interpreti: è una crisi di intensità e convinzione. Manca la “fame” che per anni aveva reso la Dea una squadra diversa da tutte le altre.
UNA DEA CHE NON MORDE PIÙ – L’impressione, ormai chiara, è che la Dea abbia perso il suo marchio di fabbrica. Non c’è più la pressione feroce, non c’è più la rabbia nei duelli, non c’è più la voglia di ribaltare le partite. A Udine la squadra di Juric è sembrata fragile, quasi rassegnata. Nessuno ha alzato la voce, nessuno ha dato la scossa. E il dato statistico — 0 tiri in porta contro i 5 dei friulani — è solo la conseguenza di un vuoto più profondo: quello emotivo.
IL TEMPO DELLE RISPOSTE – Dopo dieci giornate, l’Atalanta si ritrova a metà classifica, lontana anni luce dai livelli di un anno fa. Gli investimenti estivi, oltre 100 milioni, non hanno ancora prodotto né gioco né risultati. E il rischio è che, senza un’immediata inversione di marcia, il progetto Juric perda anche la fiducia dell’ambiente. A Marsiglia, martedì, non serviranno calcoli o statistiche. Servirà una reazione feroce, di orgoglio e di spirito. Perché a questa Atalanta non manca la qualità: le manca solo se stessa.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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