Quando una squadra cambia pelle, le polemiche sono garantite. È successo nuovamente al Milan, sceso in campo contro la Lazio con una quarta divisa completamente slegata dai tradizionali colori rossoneri. La nuova maglia, frutto della collaborazione tra Puma e Off-White, ha immediatamente generato ironia e proteste sui Social, mostrando ancora una volta quanto sia delicato l’equilibrio tra marketing, tradizione e identità dei club calcistici.
MAGLIA O BANDIERA? Rosso nella parte superiore, verde in quella inferiore, dettagli in giallo e nero. Più che il Diavolo, a molti tifosi la maglia del Milan ha ricordato altre squadre e persino bandiere nazionali: c’è chi ha evocato il Portogallo, chi la Ternana, chi il Belgio. Altri, invece, l’hanno scherzosamente associata ai colori natalizi, facendo riferimento a Babbo Natale. Insomma, tutto fuorché rossonero.
MARKETING VS IDENTITÀ Non è certo la prima volta che il marketing stravolge le tradizioni nel calcio moderno. Oggi, le società puntano a incrementare le vendite e ad attirare nuovi tifosi attraverso collaborazioni stilistiche e design innovativi, soprattutto per le terze e quarte divise. L’idea è intercettare un pubblico giovane e meno legato alla tradizione, ma questo non sempre soddisfa i sostenitori storici. Il Milan ne sa qualcosa: già nel 2021, la quarta maglia, firmata Nemen, aveva creato polemiche simili, dimostrando quanto sia difficile convincere davvero tutti.
IL CASO VICENZA E LA "MAGLIA DIESEL" Neppure un grande nome della moda garantisce l’approvazione immediata. Lo dimostrano le critiche ricevute dal Vicenza per la maglia celebrativa dei 120 anni disegnata da Renzo Rosso, fondatore di Diesel e presidente del club veneto. Le strisce biancorosse irregolari non piacquero affatto ai tifosi, diventando un caso emblematico di quanto possa essere rischiosa la ricerca della novità a tutti i costi.
STORIE DI MAGLIE DISCUTIBILI Non è solo una questione moderna. Negli anni ’80, ad esempio, la Fiorentina fu protagonista di un caso celebre con la maglia del 1981 che portò addirittura a una controversia giudiziaria per aver violato lo statuto sociale del club. Sempre i viola, nel 1992, furono costretti a ritirare una maglia che richiamava accidentalmente il simbolo della svastika. Anche il Napoli, negli anni recenti, ha abituato i suoi tifosi a frequenti cambiamenti cromatici, dalla mimetica al denim, fino alle varie versioni dedicate a Maradona.
Non sono mancate nemmeno Inter e Roma, nel 2016-17, con divise talmente vivaci da ricordare famose bibite gassate, oppure la Juventus che nel 2019 rinunciò alle strisce bianconere classiche optando per un design bicolore separato da una linea rosa. La morale? Che si tratti di marketing o puro gusto estetico, la maglia di calcio resta un simbolo identitario delicato. E cambiarlo, anche solo per una sera, continua a far discutere.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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