La vita sportiva di Francesco ‘Ciccio’ Graziani è stata come una lunga e adrenalinica corsa sull’ottovolante, un’emozionante cavalcata divenuta trionfale l’11 luglio del 1982, quando al ‘Santiago Bernabeu’ di Madrid si è laureato campione del mondo con la Nazionale: “Ero un bambino che sognava di fare qualcosa di importante nella vita - racconta nell’intervista pubblicata su Vivo Azzurro TV nel giorno del suo 73° compleanno - sono partito con l’idea di fare il pilota di aerei, ma il sogno vero era quello di fare il calciatore”. Il volo caratterizzerà comunque la sua carriera, anche senza aver mai tenuto una cloche tra le mani: “Quando c’erano i cross di Bruno Conti, Claudio Sala e Causio dovevo alzarmi il più in alto possibile per fare gol. Quando fai quel gesto tecnico è un po’ come volare”.
DA SUBIACO A TORINO. Francesco nasce a Subiaco, un paese di poco più di 8mila abitanti in provincia di Roma. “Mamma faceva le pulizie in uno studio medico, papà invece era muratore. Usciva di casa alle sei di mattina per poi rientrare la sera alle otto. Essendo molto ansioso, papà non mi ha mai visto giocare a calcio, aveva paura che mi infortunassi. Una volta stava giocando a carte al bar con gli amici e gli hanno detto che avevo fatto gol, lui allora ha offerto a tutti un giro da bere. Poi una volta arrivato a casa ha scoperto che non era vero…”. ‘Ciccio’ cresce con un pallone tra i piedi, dimostrando sin da piccolo di avere una marcia in più rispetto ai suoi compagni di squadra: “All’età di sedici anni sono andato a Roma, nel quartiere di Cinecittà, a giocare con il Bettini Quadraro. Mi sono quindi trasferito all’Arezzo e da lì ha preso il via la mia carriera, fino a portarmi dove sono poi arrivato”. Esordisce in Serie A nel novembre del ’73, un mese dopo segna il suo primo gol: “Il Torino è stato il club ideale, ho trovato un gruppo di compagni meravigliosi”. Su tutti Aldo Agroppi: “È stato un fratello maggiore per me. Ad Arezzo guadagnavo 250 mila lire al mese, al Torino mi davano un milione. Erano un sacco di soldi. Un giorno passai davanti ad una concessionaria di macchine e vidi una Porsche, costava cinque milioni. La comprai. Quando la vide, Agroppi mi disse che non avevo ancora esordito in Serie A e non potevo andare in giro con una macchina del genere. Mi accompagnò a riconsegnarla al concessionario e mi fece dare una Cinquecento”.
GATTUSO E GLI ATTACCANTI. Da una Nazionale campione del mondo a un’Italia che a fine marzo sarà chiamata a staccare il pass per il prossimo Mondiale: “La Nazionale mi piace. Credo che Gattuso abbia riportato il senso di appartenenza, mi dà l’impressione che sia un fratello maggiore per i giocatori. Ha coraggio, carattere e personalità. E li trasmette ai propri ragazzi”. Parole al miele anche per i suoi ‘colleghi’ attaccanti: “Ci stiamo rivalutando molto. Abbiamo Kean e Retegui, che hanno fatto benissimo, e Pio Esposito, che sta venendo fuori e ha grande entusiasmo. Deve imparare guardando Lautaro e Thuram, stare insieme a questi grandi attaccanti gli può fare bene. E poi c’è Scamacca, degli attaccanti che abbiamo è quello che mi piace di più”.
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