Stefano Pioli sabato sera a La Spezia ha cambiato 4/11 della squadra scena in campo per l'euroderby d'andata. Simone Inzaghi, un paio d'ore più tardi, ha sfidato il Sassuolo cambiandone otto. Turnover ben più massiccio quello nerazzurro, eppure il confronto tra le alternative schierate sabato era a tratti impietoso: da un lato Origi e Rebic, dall'altro Correa e Lukaku. Da un lato Brozovic, dall'altro Pobega. Certo c'è da tener conto degli infortuni di Leao e Bennacer, ma imputare le criticità rossonere solo e soltanto a questi due infortuni vuol dire non analizzare ciò che è accaduto dalla scorsa estate in poi. Vuol dire guardare il dito e non la luna.
Stefano Pioli questa sera si ritroverà a giocare la gara più importante della sua carriera da allenatore. Se vorrà staccare il pass per la finale di Champions sarà chiamato a realizzare una impresa di cui oggi non ci sono i sentori. Poi il bello del calcio è che tutto può accadere, che un gol può far crollare certezze e cadere dei muri. Ma i presupposti - tutto ciò che c'è di razionale e su cui si basa la preparazione di una partita - porta a pensare che solo un miracolo può sovvertire ciò che s'è visto all'andata. Ciò che, in generale, s'è visto nelle ultime settimane.
Quando manca Leao il Milan crolla. In campionato -16 rispetto a un anno fa
Il Milan a 270 minuti dalla fine del campionato è quinto in classifica. La Giustizia Sportiva dovrebbe presto riscrivere la classifica, ma i numeri non mentono. Restano impietosi. Rispetto allo scorso campionato i rossoneri hanno sedici punti in meno: in questo speciale confronto solo l'Hellas Verona ha fatto peggio di una squadra che - come ha detto Tonali - ha fallito tanti degli obiettivi che s'era prefissato a inizio stagione.
In Serie A i campioni d'Italia non solo non sono riusciti a confermarsi, ma di fatto non sono mai stati in corsa per farlo. I punti di distacco dal Napoli capolista sono 22, un dato che impressiona soprattutto perché il Napoli quest'anno è stato battuto dal Milan due volte. Soprattutto, è stato estromesso dalla Champions League ai quarti di finale.
Quello di un mese fa, però, era un Milan che viveva il picco del suo momento di forma e poteva contare su un Rafael Leao in grande spolvero. Quello visto nelle ultime due partite, invece, è stato un Milan senza il portoghese. E questo fa tutta la differenza del mondo: oggi il numero 17 dovrebbe tornare in campo e proprio lui - fresco di rinnovo di contratto definito fino al 2028 - è il giocatore che più di chiunque altro sposta gli equilibri. Nelle quattro gare in cui non è proprio sceso in campo il Milan ha sempre perso, quando è subentrato dalla panchina il Milan ha spesso abbozzato: è il caso di Cremonese Milan, di Milan-Empoli o di Bologna-Milan. Stasera Pioli lo ritroverà, resta da capire come.
Sbagliata tutta la campagna acquisti: si salva solo Thiaw
Il Milan la scorsa estate ha visto andare via Alessio Romagnoli e Franck Kessiè, entrambi a parametro zero, oltre che Samu Castillejo. In entrata, al netto di De Ketelaere su cui mi soffermerò tra poco, sono arrivati calciatori che hanno faticato anche nel ruolo di comprimari. Malick Thiaw l'unica eccezione alla regola, un innesto utile soprattutto nelle settimane di difesa a tre.
Per il resto la tabella acquisti recita così: Sergino Dest, Divock Origi e Aster Vranckx. Poi due rientri prestiti: Tommaso Pobega da un lato, Yacine Adli dall'altro. Con quest'ultimo acquistato un anno prima dal Bordeaux per 8.5 milioni di euro per alternarsi a Brahim Diaz alle spalle della prima punta. Nello stesso ruolo, per 35 milioni di euro, arriverà qualche giorno più tardi anche Charles De Ketelaere.
Servivano un 9 e il sostituto di Kessiè, è arrivato De Ketelaere
Parlare del belga vuol dire mettere il dito nella piaga, anche se l'intenzione di base era quella giusta: investire, non spendere. Però il Milan la scorsa estate ha versato 35 milioni di euro per un giocatore che - come detto e ribadito da Pioli - può giocare solo da 10, in quel ruolo dove già c'era Brahim Diaz e dove s'era già investito per Yacine Adli. In quel ruolo dove lo scorso anno, quando il Milan ha innestato la marcia Scudetto, ha giocato Franck Kessiè.
Quel 4-2-3-1 senza un vero trequartista fu il segreto del successo di una squadra che quest'anno ha centrato un buon filotto di risultati positivi quando ha replicato lo stesso motivo di gioco con la riserva dell'ivoriano, Rade Krunic. Questo perché il sostituto di Kessiè non è mai arrivato, così come non è arrivata un'ala destra e, soprattutto, non è arrivato quel 9 che non poteva non essere la priorità vista la carta d'identità dei centravanti oggi sotto contratto: Olivier Giroud, 36 anni, e Zlatan Ibrahimovic, 41 anni. Serviva un grande centravanti, è arrivato il parametro zero Origi. Calciatore che la scorsa stagiona a Liverpool ha giocato meno di 600 minuti e in quella precedente ancora meno.
Con queste premesse il Milan s'è imbattuto in una stagione dal cammino europeo esaltante, migliore di qualsiasi previsione estiva a prescindere dal risultato di stasera. Ma proprio il sogno di un cammino del genere, unito all'obiettivo di bissare lo scorso campionato, doveva imporre la costruzione di una squadra più competitiva. Più solida nelle seconde scelte rispetto a un anno fa. Non è così, non è nemmeno come un anno fa.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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