Dopo la festa, grandissima, meritatissima e piena di orgoglio, di Dublino giusto il tempo di chiarirsi un po’ le idee, guardarsi intorno per continuare a lavorare insieme. Dopo 8 anni di convivenza è bastato probabilmente uno sguardo a Gasperini e Percassi per dirsi di continuare insieme. Non c’è stato neanche bisogno di mettere nero su bianco: si farà, con calma, mettendo le basi nelle prossime ore, quando nuovamente (a Zingonia) si vedranno l’allenatore e il presidente dei miracoli. Il Napoli ha veramente tentato Gasp, ma alla fine - per utilizzare una sua metafora - ha vinto la famiglia, invece che la bella e affascinante sconosciuta che lo aveva messo in crisi.
Gasp rimane a casa, in quella che realmente considera una sua casa. E se è vero che in casa ogni tanto si alza la voce, si bisticcia, si litiga, ma lo si fa sempre con la consapevolezza di sentirsi apprezzati, anche per gli eccessi. Abbiamo definito un miracolo la coppa vinta dall’Atalanta mercoledì sera. Però miracolo probabilmente non è il termine giusto, perché minimizzerebbe il lavoro fatto da una società straordinaria che tutti dovrebbero guardare come un esempio.
A partire dal presidente Antonio Percassi, una storia meravigliosa. Calciatore, difensore centrale da 100 e passa presenze. A 25 anni lascia il calcio affascinato dal concetto di franchising di Benetton e comincia la sua vita da imprenditore. Che lo porta a diventare presidente. Già così basterebbe, ma così non è abbastanza. Percassi vende alla famiglia Ruggeri (altra grande famiglia che ha scritto il suo nome al fianco di quello dell’Atalanta), dopo la sua esperienza da presidente, da cui riprende la guida della società, 15 anni fa. Dalla B al tetto d’Europa. Con la sua grinta pacata ad esortare i suoi tifosi. Che lo hanno applaudito in campo da giocatore e continuano a farlo ora che è presidente. Insieme a suo figlio Luca (attuale amministratore delegato nerazzurro, anche lui ex calciatore) ha dato un’impronta a questa squadra e a questa società. In 15 anni solo 3 allenatori, perché il progetto non è soltanto una parola con cui riempirsi la bocca. Un centro sportivo di primissimo livello, un settore giovanile che continua a sfornare talenti e che ora si è impreziosito anche dell’Under 23, lo stadio di proprietà. Gasperini si è legato all’Atalanta non solo per l’Europa League e il senso di famiglia, ma perché la famiglia porta questo in dote. Organizzazione e competenza. L’Atalanta ha cambiato ciclo, completamente, e nessuno se n’è accorto. E se prima era forte, ora lo è diventata ancora di più. L’Atalanta vende bene e compra a meglio. Con l’arrivo di D’Amico la squadra - che prima aveva regalato enormi soddisfazioni alla sua tifoseria - è stata cambiata profondamente pur mantenendo una grande identità. Il ciclo che era finito (o stava finendo) ha trovato nuova benzina. Ha continuato ad autoalimentarsi. Perché all’Atalanta ogni pezzo funziona in maniera straordinaria al suo posto. Gli arrivi delle scorse 2 estati sono stati da Nazionale (Kolasinac e Scamacca, Hien e Djimsiti, Ederson appena convocato per la copa America, El Bilal o Lookman, per non parlare di De Keteleare completamente rimesso a nuovo): l’Atalanta ha alzato l’asticella con il lavoro della direzione sportiva. E Gasperini - come sempre - ha saputo mixare il materiale alla grande. Shakerando un prodotto frizzante, divertente, perfetto.
L’Atalanta è questo e per questo Gasp ha deciso di rimanere: lui per primo sa dove si trova.
Ora il Napoli, che ovviamente aspettava una risposta definitiva da lui, avendolo corteggiato a lungo, non si trova spiazzato. Non a caso ha sempre tenuto aperte le sue tre piste: finché non ci sono le firme sul contratto non si può dire nulla. E così però, naturalmente, prendono più forza le altre candidature, soprattutto quella di Conte, anche se non tramonta Pioli.
Per Pioli oggi è stata la giornata dell’addio a Milanello. Ribadiamo che i cicli finiscono, ma che - allo stesso tempo - il ciclo di Pioli in rossonero è stato un ciclo di rinascita. Uno scudetto, il ritorno in Champions League e la capacità - soprattutto - di tirarsi fuori da situazioni anche difficili e complicate. Pioli ha ridato valore al Milan: ai suoi giocatori e al club. Ha attraversato cambi dirigenziali (e di proprietà), ha attraversato rifondazioni, ha attraversato momenti tosti: sia a livello mediatico che tecnico. Ha sempre tenuto fede alla sua filosofia e alla sua visione del calcio. Non si è mai lamentato, anche quando ne avrebbe avuto più che diritto. Non ha mai accampato alibi o scuse. Non ha sempre attraversato momenti felici e non sempre sono venuti i risultati. Ma alla fine dell’anno è sempre arrivato dove doveva essere, in qualche caso anche molto di più. Ora arriverà, molto probabilmente, Fonseca. Quando avrà affinato la sua intesa con il Milan, quando avrà definitivamente ringraziato e detto di no al Marsiglia e al rinnovo con il Lille.
Dicevamo del Napoli però: Conte. L’intesa economica non è ancora totale, va affinata. Ma è solo una parte dell’accordo che poggerà le proprie basi sulla progettualità (da rifinire insieme), sulle necessità della campagna acquisti, sul feeling personale con il presidente. Ecco perché non si possono escludere ancora gli altri pretendenti. Perché gli equilibri possono anche mutare in maniera veloce. Oggi però Conte si staglia sugli altri. Sullo sfondo resiste sempre Pioli: sono proprio le caratteristiche diverse che fanno di Pioli un candidato autorevole. E Italiano? Piace al Bologna. E poi ancora la Fiorentina (che balla fra Aquilani e Palladino) e quindi il Monza (che intanto aspetta perché se Palladino dovesse non trovare nulla che lo ispiri potrebbe ripensarci e firmare il rinnovo). E poi il Cagliari che avrebbe voluto “soffiare” al Torino Vanoli che ora è impegnato (eccome) nei playoff di B e che ora prova a tentare Juric o Paulo Sousa.
Insomma primi incastri che si mettono al loro posto.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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