“Dentro la fabbrica sarai sempre un numero e nessuno ti darà una pacca sulle spalle e ti dirà bravo perché hai fatto un tubo in più”. Con queste parole Ettore Zampagna indicò al figlio Riccardo che la strada più giusta da prendere non era quella delle Acciaierie di Terni, ma quella che l'ha portato al grande calcio. Eppure sono serviti tanti sacrifici per capovolgere una storia che sembrava già scritta. Riccardo Zampagna si racconta: a vent'anni era ancora un calciatore part time, tappezziere di giorno, attaccante nei dilettanti della Narnese la domenica. Voleva mollare tutto e raccogliere l'eredità del padre in fabbrica, ma tutto quel talento e quella passione non potevano andare perduti. E’ cominciata al volante di una Fiat Tipo col contachilometri digitale, regalatagli dalla famiglia grazie ai risparmi di una vita, la galoppata di Riccardo Zampagna verso la Serie A: Pontevecchio, Triestina, Arezzo, Catania, Brescello, Cosenza, Siena e soprattutto Ternana, Messina e Atalanta, tappe fondamentali della sua carriera. Prima di chiudere coi grandi palcoscenici veste le maglie di Vicenza e Sassuolo. Un’estate di riflessione: continuare in un mondo che non gli piace più o accettare la proposta dell’amico Cristiano Lucarelli e dell’artista Nelso Ricci, che l'hanno convinto a sposare il progetto della Carrarese.
Quest’estate sei stato cercato da mezza Serie B. Perché hai deciso di chiudere col grande calcio?
"Dopo l’esperienza di Sassuolo per me il calcio era finito lì. Avevo deciso di smettere perché non c’ero più a livello mentale. Per me il calcio era diventato un hobby, ma comunque un hobby impegnativo. Poi ho preso un impegno con la Carrarese e ho dato la mia parola con una stretta di mano".
Chi e cosa ti ha convinto a sposare il progetto della Carrarese?
"Il direttore generale Nelso Ricci è stato fondamentale nella mia scelta. Poi le parole di Cristiano Lucarelli mi hanno dato una scossa positiva: “Non smettere perché qualcuno ha rovinato il tuo calcio”. E’ stato il miglior contratto che ho firmato in carriera, e non parlo di soldi".
Chi ti ha indirizzato alla carriera di calciatore?
"I miei genitori hanno sempre creduto in me. Anche quando non ci credevo nemmeno io. A vent’anni volevo mollare tutto e lavorare a tempo pieno. Poi, quando mio padre andò in pensione, con i risparmi di una vita mi comprò una Fiat Tipo per andare ad allenarmi a Pontevecchio e provare a giocarmi le mie carte. Devo tutto ai miei genitori".
Il tuo rapporto con gli allenatori non è stato mai idilliaco, neppure con Colantuono che più di tutti ha creduto in te: come mai?
"E’ vero, mi sono scontrato con tutti. Ho un carattere particolare che non ha mai accettato compromessi, ma sono sempre stati scontri costruttivi per il bene della squadra e mai per me stesso".
Domenica scorsa contro il Carpi hai realizzato un gol da tre punt. Segnare in Seconda Divisione ha sempre lo stesso sapore?
"Sicuramente no. Domenica ho riprovato emozioni che non provavo dai tempi di Bergamo. Non conta la categoria in cui giochi, ma la passione che ci metti. L’importante è come vivi il calcio".
Tra i tuoi compagni alla Carrarese vedi qualcuno con grandi prospettive?
"Attualmente Giovinco (fratello del fantasista del Parma, ndr), perché ha dei tempi e una visione di gioco che potrebbe fare la differenza anche in Serie B".
Una volta dicesti: “Per un ternano giocare nella Ternana è il massimo”. Dopo tanti gol e tanto peregrinare in giro per l’Italia ti sarebbe piaciuto chiudere la carriera alla Ternana, dove hai giocato solo per una stagione nel 2003/2004?
"Il pensiero c’era, ma la situazione societaria era poco chiara. Purtoppo non sono coincisi i tempi, però ora sembra che le cose stiano migliorando e spero si rimettano in carreggiata. A Terni c’è grande fame di calcio".
Domanda secca: a cosa punta la Carrarese?
"Siamo partiti tardissimo e c’è da amalgamare una squadra composta da tanti giovani che fino a poco tempo fa non giocavano con continuità. Parlare di un obiettivo è ancora prematuro. Per ora pensiamo a ridare entusiasmo e allegria ad una piazza che li avevano persi. Per il gioco ci sarà tempo".
Cosa farà “da grande” Riccardo Zampagna: allenatore, dirigente, commentatore o qualcos’altro?
"Adesso non è ho idea, ho tante cose per la testa. A me piace molto il mondo del calcio, ma posso escludere sicuramente una carriera da allenatore perché non riuscirei a subire gli stessi comportamenti che io ho avuto con i miei allenatori. Potrei pensare ad un futuro come dirigente".
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com
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