Stezzano si è tinta di nerazzurro in una mattinata che non sarà facile dimenticare. Centinaia di persone - descrive l'edizione online de L'Eco di Bergamo -, unite dalla passione per l’Atalanta e dal profondo affetto verso Oliviero Garlini, hanno partecipato ai funerali dell’ex bomber bergamasco, che ha scritto pagine indelebili della storia della Dea. Una giornata grigia, resa più dolce solo dai colori atalantini, da quello striscione all’uscita della chiesa che recitava semplicemente: «Grazie Oliviero».
UNA CHIESA TROPPO PICCOLA – Troppa gente per la chiesa parrocchiale di Stezzano: molti sono rimasti fuori, in silenzioso raccoglimento, ascoltando le parole pronunciate all’interno. In prima fila l’ad Luca Percassi insieme alla moglie Cristina Radici, il dg Umberto Marino, tanti giovani del vivaio nerazzurro e un folto gruppo di ex compagni e dirigenti, come Magrin, Icardi, Bonacina, Luigino Pasciullo e i fratelli Moro. Presenti anche moltissimi tifosi, molti dei quali troppo giovani per averlo visto giocare dal vivo, ma cresciuti nel mito delle sue imprese sportive.
IL RICORDO DELLA MOGLIE MAURA – La giornata era stata preceduta venerdì da una commovente veglia nella camera ardente, dove la moglie Maura ha accolto con affetto e gratitudine chi è passato per l’ultimo saluto. «Oliviero era un grande uomo prima ancora che un campione – ha dichiarato, commossa – un padre esemplare e una persona amata da tutti. La quantità di persone venute a salutarlo è il segno tangibile della sua umanità».
«LA PARTITA PIÙ IMPORTANTE» – L’omelia, molto toccante, ha unito calcio e vita, ricordando quanto fossero per Garlini due aspetti inseparabili. «Oggi dobbiamo essere tutti una squadra – ha detto il sacerdote –, perché stiamo giocando insieme l’ultima partita di Oliviero». Parole semplici ma potenti, capaci di sintetizzare l’eredità morale del bomber, educatore oltre che sportivo: «Prima viene l’educazione e il rispetto, poi tutto il resto», il suo insegnamento più ripetuto ai ragazzi allenati tra Longuelo e Dalmine.
LA CASA DEI RICORDI – La villetta di Stezzano, diventata camera ardente, è stata trasformata per un giorno in un tempio della memoria: gagliardetti storici, foto ingiallite e, soprattutto, quella maglia nerazzurra con il numero 11, donata dall’Atalanta e poggiata sul feretro, simbolo eterno di una vita dedicata al calcio e alla sua gente.
«NON CAMBIÒ MAI» – Amici di una vita, come Giovanni, che i figli di Oliviero chiamano affettuosamente «zio», hanno ricordato soprattutto la semplicità del bomber: «Non è mai cambiato. Anche quando divenne famoso, rimase la stessa persona semplice e vera che conoscevamo tutti. Mi chiamava ogni sera per sapere come stavo, era così con tutti. Aveva una personalità straordinaria, anche nelle partite amatoriali che facevamo insieme».
Si chiude così un capitolo di storia atalantina, tra lacrime sincere e sorrisi che riaffiorano al pensiero delle sue giocate. Il bomber gentile, l’uomo del gol col Malines, oggi lascia un vuoto immenso, riempito solo dalla gratitudine di chi, con lui, ha avuto la fortuna di condividere un pezzo di cammino.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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