Da Dieguito a Glenn, dal Napoli dei due scudetti del Pibe de Oro all'Atalanta del dopo Mondonico che si affacciava all'Europa con gli Evair, i Caniggia, i Ganz e a volte anche i Bianchezi. Tebaldo Bigliardi detto Billy, arcigno marcatore di un calcio ormai scomparso sotto il duplice effetto dell'adozione del modulo a zona e delle sbornie televisive via cavo, taglia oggi il traguardo del mezzo secolo spegnendo le candeline da bergamasco onorario. Piovuto sotto le Mura nell'estate del 1990 da un Vesuvio carico di onori e medaglie, tra cui i due artistici triangolini tricolore cuciti sulle maglie azzurre dalle magie impareggiabili del più famoso numero 10 dell'orbe pallonaro, il catanzarese che in riva al Golfo agiva da rincalzo in nerazzurro si consacrò ad idolo assoluto delle folle.

Forse per la sua grinta indomabile di gregario ruspante, ma soprattutto perché nel duello personale con l'attaccante più pericoloso, quando la tattica a uomo partoriva una miriade di uno contro uno che costituivano una sfida nella sfida, Billy non mollava mai la presa. Come un molosso, alla caccia perenne del pallone, senza tirare mai indietro la gamba nemmeno per ipotesi. Un atteggiamento ringhioso che non poteva non piacere a mentori come Piero Frosio, Bruno Giorgi, Marcello Lippi, Francesco Guidolin, Cesare Prandelli, Andrea Valdinoci e lo stesso Mondo, che lo ebbe dopo la caduta in B nel '94. Figlio, probabilmente, del quinquennio di gavetta al Palermo, al termine del quale, scontato un mese di squalifica per un presunto coinvolgimento nel calcioscommesse atto secondo di allora, venne assunto da Pierpaolo Marino a rinforzo della difesa dei Ciucci, coi quali vinse anche la Coppa Italia nel 1987 proprio contro quelli che sarebbero diventati i suoi colori.

Il resto è storia: quattro stagioni e mezza nelle file della Dea, con un altro intermezzo in prestito (da gennaio a giugno dell'annus horribilis) sotto il Monte Pellegrino, 104 gettoni con la sua seconda pelle e la chiusura nel Leffe, nel '96. Prima di dividersi a metà tra un dopo calcio tranquillo speso tra gli amici di quassù e il suo avviato agriturismo in Sicilia. In alto i calici. Con un brindisi in tono minore, non ce ne voglia, per il viareggino Andrea Masiello (26), anch'egli al soldo della causa ma ora impegnato nel difficile compito di levare la patina di omertà a una sfera di cuoio malata di giochetti a tavolino.

Sezione: Auguri a... / Data: Dom 05 febbraio 2012 alle 10:00
Autore: Simone Fornoni
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