Mattia Caldara, ex difensore dell'Atalanta, parla ai microfoni di Cronache di Spogliatoio della sua esplosione con la maglia della Dea, sotto Gasperini: “2016, un qualche giorno di settembre, Bergamo. Nessuno, in quel momento, poteva immaginare concretamente quella che per il mister era una solida proiezione nel futuro. «Questo ambiente vale una Ferrari, ma viene sfruttato come una 500». Nessuno, in quel momento, riusciva a comprendere completamente quelle parole. Quel credo, quella consapevolezza di avere in mano un gioiello da lucidare, far brillare e il cui valore sul mercato era degno delle migliori boutique. Quando Gasperini ci ha detto quella frase, dentro di sé sapeva già come trasformare la 500 in una Ferrari. Solo che nessuno intorno a lui riusciva a vederlo. Senza accorgercene, però, la nostra mentalità era cambiata. Dopo ogni vittoria ci ripeteva: «Ragazzi, non è la salvezza il nostro obiettivo». E iniziò a farlo da dicembre, per evitare un rilassamento. Ci attaccava frasi motivazionali nello spogliatoio, come quella di Michael Jordan: «Ventisei volte mi hanno affidato il tiro finale e l’ho sbagliato. Ho fallito più e più volte nella mia vita. Ed è per questo che ho avuto successo".

I SEGRETI DELL'ATALANTA DEI MIRACOLI - "In quel periodo, all’Atalanta, la mentalità stava mutando sotto i nostri occhi. Eravamo tutti giovani e senza figli, con un’esperienza minima in Serie A. Spensierati. Avevamo installato un ping-pong al centro dello spogliatoio, la gente arrivava anche un’ora e mezzo prima dell’allenamento per sfidarsi fino all’ultimo colpo. Nascevano delle sfide epiche. Così siamo diventati famiglia, così l’Atalanta ha spiccato il volo. Da una parte il Gasp, martello mentale, dall’altra una famiglia di ragazzi. Alberto Grassi era il mattatore, mi metteva allegria quando c’era allenamento pesante. Andrea Petagna, invece, è stato un vero amico. Pensate che quando mi sono trasferito al Milan, in pieno agosto, mi ha prestato la sua casa per un mese perché non riuscivo a trovarne una disponibile. Sarò sempre pronto ad aiutarlo in futuro, anche prestandogli casa mia! Che alchimia. Bastava uno sguardo, anche in campo. Quella squadra si capiva in un attimo. Una cosa rara".

GLI INFORTUNI - "Mi sono aiutato con i libri. Vado pazzo per la letteratura russa. Anna Karenina, ad esempio, al netto del titolo incentrato su un singolo personaggio, racconta tutte le sfaccettature della società. Un romanzo corale dove si denotano tutti gli aspetti negativi dei comportamenti esterni. Ecco. Poi un giorno, la scorsa estate, tra le varie proposte spunta quella del Venezia. Mister Zanetti e il direttore vengono a casa mia per convincermi, trasmettendomi una fiducia immensa, una fiducia che neanche io nutrivo più in me stesso. Quando li saluto e chiudo la porta, mi volto verso Nicole e le chiedo: «Saresti disposta?». Sorrise: «Mattia, facciamolo». Il giorno dopo rientrando a casa si presentò con un libro: «Ricominciare da sé». Uscire dagli schemi, fare una scelta in contrapposizione a quelle fatte fino a quel momento, mettermi in gioco. Alcuni giorni fa abbiamo giocato contro la Roma. Ho segnato, non accadeva da 3 anni, 10 mesi e 26 giorni. Un tempo infinito. Se guardate il fermo immagine della mia esultanza, è proprio sotto allo striscione del «Roma Club – Bergamo». Una casualità incredibile, un cerchio che si chiude. C’erano anche Nicole e Alessandro allo stadio: «Siamo felici, perché ti vediamo come prima di questi tre anni. Anche io e te, siamo un’altra coppia. Sei un’altra persona. Felice, finalmente». Senza di loro e senza i miei genitori non ce l’avrei mai fatta".

Sezione: Interviste / Data: Ven 19 novembre 2021 alle 10:30
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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