Sono bastate poche parole per riaccendere un sentimento che a Bergamo non si era mai davvero spento: quello di un legame forte, ma oggi ferito, con Gian Piero Gasperini. L’ex allenatore dell’Atalanta, intervistato dal Corriere dello Sport, ha scelto un paragone che ha fatto rumore: «Bergamo è una bella provincia, ma è grande come mezza Garbatella». Una frase che, pur nella sua apparente leggerezza, ha toccato nel vivo molti tifosi atalantini, rimasti spiazzati dal tono di chi per quasi dieci anni era stato il simbolo dell’orgoglio nerazzurro.
LA DIFESA DELL’IMPRESA – Nel suo ragionamento, Gasperini ha voluto sottolineare la grandezza dell’impresa compiuta con la Dea: «Credo che una città di centoventimila abitanti desse fastidio là in alto. È come se un quartiere di Roma giocasse in Europa contro Real Madrid, Barcellona o City». Un modo per rivendicare il valore di un ciclo irripetibile, ma che per molti a Bergamo suona come un’involontaria svalutazione. «In Europa l’apprezzamento era palpabile, ma in Italia abbiamo cominciato a dare fastidio», ha aggiunto il tecnico, parlando dell’Atalanta come di una realtà che, “avendo tolto tanto a tanti”, si sarebbe guadagnata inevitabili antipatie.
IL MALUMORE DEI TIFOSI – Sui social la reazione è stata immediata. Molti sostenitori nerazzurri hanno percepito le parole come un colpo basso: «Basta, sei a Roma, smetti di parlare dell’Atalanta», è il commento più ricorrente. Altri, più feriti, hanno voluto rispondere con i numeri: «Bergamo e provincia fanno un milione e quattrocentomila abitanti, non è mezza Garbatella. E comunque non si misura così il valore di una squadra». Tra i tifosi prevale l’amarezza: non tanto per l’analisi, quanto per il tono di chi, dopo aver incarnato per quasi un decennio l’identità della Dea, sembra oggi parlarne con distacco.
IL RETROSCENA ROMANO – Nell’intervista, Gasperini ha poi svelato un retroscena sul suo passaggio alla Roma. «I contatti con il club giallorosso erano iniziati già mesi prima, quando ancora non sapevo cosa avrei fatto a giugno», ha confidato. «Avevo intuito che sarebbe stato l’ultimo anno a Bergamo». Parole che lasciano intendere come la separazione fosse ormai nell’aria già durante la corsa Champions della passata stagione, un dettaglio che non è sfuggito ai tifosi più attenti.
IL COLPO AI PERCASSI E AI PAGLIUCA – Non sono mancate anche frecciate alla dirigenza atalantina: «Ero il più esposto. Dell’Atalanta chi riconoscevi? La proprietà non ama esporsi, i dirigenti nemmeno. Alla fine arrivavo io e trovavo un plotone d’esecuzione». Un passaggio che ha riacceso il dibattito sull’equilibrio di ruoli nella gestione del club: chi ha vissuto da vicino l’era Gasperini sa quanto il tecnico fosse protagonista assoluto, ma anche quanto le tensioni interne abbiano segnato la fine del suo ciclo.
TRA RICONOSCENZA E FERITA – A Bergamo nessuno dimentica ciò che Gasperini ha rappresentato: vittorie storiche, Champions League, l’Europa League alzata a Dublino e la trasformazione di un club medio in una potenza stabile. Ma le ultime dichiarazioni hanno lasciato un retrogusto amaro. In molti speravano in un ricordo più affettuoso, più grato, meno distante.
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Forse le parole di Gasperini nascono da una volontà di rivendicare la propria impresa. Ma la sensazione, a Bergamo, è che il tecnico che aveva insegnato a sognare la Champions stia ora parlando da uomo di un’altra città. E in una città come Bergamo, dove la memoria ha radici profonde, certe parole pesano più di un addio.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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