L’Atalanta, forse, non ha ancora ben capito il pericolo che sta correndo. Quando si arriva in fondo alla stagione, con l’obiettivo della Champions League così vicino da sembrare quasi acquisito, il peggior errore che si possa commettere è quello di considerarlo un traguardo scontato, dovuto, inevitabile. Perché di inevitabile nel calcio c'è soltanto una cosa: che l’arroganza finisca sempre per presentare il conto.
La partita contro il Lecce ha certificato proprio questo: una squadra che avrebbe potuto (anzi, dovuto) aggredire con fame e determinazione una sfida delicatissima, si è invece accontentata di un atteggiamento passivo, distratto, talvolta addirittura svogliato. La sensazione diffusa, già evidenziata con grande lucidità da Gasperini nel post-partita, è stata quella di un gruppo ormai convinto che il diritto alla Champions fosse già stato maturato da tempo, come se la storia recente della Dea fosse una garanzia sufficiente. Così non è, così non può essere.
Juan Cuadrado, che in campo è stato uno dei pochi a provare a scuotere i nerazzurri, ha parlato di "mancanza di lucidità e di concretezza". Una diagnosi corretta, ma forse parziale. Perché questa squadra, specialmente quando gioca in casa, sembra soprattutto soffrire di una preoccupante carenza di carattere. Quell'identità feroce che in passato aveva reso l’Atalanta una delle squadre più temute in Serie A, capace di ribaltare qualsiasi situazione, sembra adesso affievolita, diluita in una presunta sicurezza che rischia di trasformarsi rapidamente in autolesionismo puro.
Basti guardare la classifica: i nerazzurri hanno sì ancora il terzo posto, ma dietro le rivali corrono affamate. Juventus, Bologna, Lazio e Roma stanno premendo sull'acceleratore con tutta l’energia possibile. Sono squadre che hanno fame, squadre che non danno nulla per scontato e che non vedono l'ora di sfruttare ogni minimo inciampo atalantino per sovvertire gerarchie che oggi sembrano ancora favorevoli, ma domani potrebbero non esserlo più.
La sfida con il Monza, prossima tappa della stagione nerazzurra, sarà quindi un vero e proprio esame di maturità per Gasperini e i suoi ragazzi. Un avversario che sembra già avviato verso la Serie B non deve ingannare: è proprio in queste situazioni, infatti, che l’Atalanta tende a complicarsi la vita. La lezione del Lecce dovrebbe essere ancora fresca nella memoria, e stavolta non ci saranno alibi. Perché se perdere punti con le dirette concorrenti può starci, farlo contro squadre che non hanno più nulla da chiedere al campionato sarebbe un peccato mortale.
C’è bisogno dunque di una profonda riflessione interna. Gasperini dovrà lavorare molto sulla testa dei suoi, ricordando che la storia recente non è una scusante per sentirsi superiori. Al contrario, deve essere uno stimolo per dimostrare, ancora una volta, il proprio valore sul campo, partita dopo partita. Non si vive di rendita nel calcio, tantomeno in un torneo competitivo come la Serie A di quest’anno.
È il momento per l’Atalanta di guardarsi allo specchio e di decidere che squadra vuole essere: quella che si crogiola nel passato, convinta di avere il biglietto già in tasca per la Champions, o quella che torna a lottare con grinta e umiltà per conquistarsi ogni singolo centimetro di campo. Da qui alla fine mancano quattro giornate, quattro battaglie decisive. La Champions non è una questione di diritto acquisito riprendendo l'esamina del mister, ma di fame, sacrificio e orgoglio.
L’Atalanta deve tornare se stessa. E deve farlo subito.
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