«Non volevo uccidere, ero spaventato per me e per la mia famiglia». Con queste parole Jacopo De Simone ha confermato ieri pomeriggio, davanti al giudice Maria Beatrice Parati, quanto aveva già dichiarato subito dopo l'arresto ai carabinieri e al pm Guido Schininà. L'interrogatorio, durato circa un'ora, si è tenuto al tribunale di Bergamo, dove il giovane, accusato dell'omicidio volontario aggravato per futili motivi di Riccardo Claris, 26enne consulente finanziario, ha cercato ancora una volta di sostenere la sua versione dei fatti: legittima difesa.

IL CLIMA DI TENSIONE – Secondo la ricostruzione di De Simone - spiega L'Eco di Bergamo -, il gruppo della vittima avrebbe inseguito lui e alcuni amici dalla zona della movida di Borgo Santa Caterina fino alla sua abitazione in via Ghirardelli. Il motivo? Un coro provocatorio («Odio Bergamo!») pronunciato a bassa voce dallo stesso De Simone nel Reef Cafè, noto ritrovo di tifosi atalantini. Ma alcuni testimoni presenti nel locale sostengono invece di non aver sentito alcuno slogan, descrivendo piuttosto un gruppo, quello di De Simone, entrato intenzionalmente per provocare.

LA DINAMICA DELL'OMICIDIO – Il tragico epilogo sarebbe avvenuto sotto l'abitazione del giovane accusato. De Simone ha raccontato al giudice di aver percepito una forte minaccia, tanto da scendere in strada con un coltello dopo essere salito in casa per proteggere il fratello gemello e la fidanzata di lui, che nel frattempo si erano nascosti per paura. Il giovane sostiene di aver visto Claris dirigersi verso di lui in modo aggressivo, motivo che lo avrebbe spinto ad agire. Ma su questo punto c'è un contrasto evidente: diversi testimoni affermano infatti che Riccardo sarebbe stato colpito mentre si stava allontanando e quindi di spalle, circostanza che l'autopsia, prevista oggi all'ospedale Papa Giovanni XXIII, potrà chiarire definitivamente.

IL LEGALE PRENDE LE DISTANZE DALLE CURVELuca Bosisio, avvocato difensore di De Simone, ha voluto chiarire ai cronisti presenti che «questo fatto non c’entra nulla con il mondo ultrà. Né Jacopo né suo fratello frequentavano la curva interista: sono andati qualche volta allo stadio ma non hanno mai avuto legami con il tifo organizzato». Una precisazione necessaria, secondo Bosisio, «perché alcune affermazioni circolate rischiano di generare equivoci pericolosi e tensioni inutili a livello di ordine pubblico».

IL SEGNALE DI DISTENSIONE DELLE CURVE – Intanto, le due tifoserie coinvolte, atalantina e interista, sembrano voler evitare un ulteriore inasprimento dei rapporti. Fuori da San Siro, lunedì sera, gli ultras nerazzurri dell'Inter hanno reso omaggio con uno striscione alla vittima: «Vola lassù accanto alla tua Dea, buon viaggio Riccardo». E anche la Curva Nord atalantina ha preso posizione, respingendo ieri sera al Baretto la proposta di un presidio di protesta proprio in via Ghirardelli. La volontà è chiara: non strumentalizzare il dolore trasformandolo in una guerra tra curve.

Sezione: Rassegna Stampa / Data: Mer 07 maggio 2025 alle 07:00
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
vedi letture
Print