La pausa - in certi casi - arriva nei momenti giusti. Come nel caso della Juventus, per esempio. Ti dà la possibilità di mettere in pausa e poter analizzare con un po’ più di calma le cause di un momento difficile e i suoi possibili sviluppi. Non è detto che nel corso della stagione, con le partite che si accavallano, con la possibilità magari di riscattarsi dopo una brutta figura, si riesca ad affrontare con lucidità. Ma ora in casa Juve è diventato necessario.
La prima scelta è stata già fatta: nonostante il mese terribile (eliminazione dalla Champions League, eliminazione dalla coppa Italia, le due sconfitte pesantissime con Atalanta e Fiorentina) la fiducia a Thiago Motta rimane. Potremmo dire che rimane intatta, ma obiettivamente non è così.
Sicuramente l’allenatore, individuato per la ricostruzione e “restaurazione” bianconera, non è stato scaricato, né tantomeno individuato come “colpevole”, o comunque certamente non l’unico. Altrettanto ovviamente la fiducia rimane intatta per questa stagione: per la prossima dipenderà proprio da questo finale di stagione. Ma non perché debba dimostrare di meritare la piazza, ma perché la valutazione del lavoro complessivo che è stato fatto finora non può ritenersi soddisfacente. Quindi è come se si dovesse tirare una linea a fine stagione. Intanto c’è un parametro - che potremmo definire certo: la qualificazione alla prossima Champions League. E’ sempre stato l’obiettivo (minimo) della società quest’anno. Nessuno aveva chiesto subito a Thiago Motta di vincere il campionato, magari poter essere sin da subito più competitivi sì, soprattutto in un campionato che - ancora - non ha espresso con chiarezza il proprio padrone. La mission aziendale della Juventus è quella di riassestare i conti (cercando di diminuire i costi), abbassare l’età media e rimanere competitivi. Non è certo semplice e questo era chiaro a tutti, Motta in testa.
Ecco perché nonostante le difficoltà emerse, il fronte intorno a Motta è sempre stato compatto e continuerà ad esserlo fino a fine stagione. In più mettiamoci anche gli imprevisti che sono nati durante la stagione: infortuni in testa che hanno complicato il lavoro del neo allenatore bianconero.
Quello che però - oggi - è sotto osservazione e che deve essere ritrovato è proprio quell’equilibrio in campo che - nonostante le difficoltà - la Juventus aveva avuto. Non è stata mai una Juventus continua, non è stata quasi mai una Juventus brillante, ma è sempre stata una Juventus solida ed equilibrata. Non a caso, fino a poco tempo fa i bianconeri erano la miglior difesa del campionato ed erano in corsa sui tre fronti. Le recenti debacle hanno invece minato questa certezza e sollevato un problema di non poco conto, facendo sembrare che i dettami che arrivano dalla panchina non siano più recepiti. Come se ci fosse una crisi di rigetto, come se si fosse staccata la spina, come se non fosse più possibile trovare una reazione dopo le batoste.
Del Piero a Sky, recentemente, ha sottolineato come proprio la mancanza di carattere sia l’aspetto più grave di questa vicenda. Ed è quello su cui si è concentrata l’attenzione anche della dirigenza, quello di cui si è discusso nell’incontro di lunedì fra Motta, Giuntoli e Scanavino. Ritrovare equilbrio, cercare una reazione. Dimostrare che il progetto messo in piedi non più di 9 mesi fa non solo abbia delle basi solide ma che abbia una futuribilità. Non è solo una questione di valorizzazione di giocatori o del mancato impiego di alcuni. Non è soltanto una questione di mercato (a proposito al netto degli errori di valutazione che possono essere stati commessi è difficile ipotizzare che tutti gli acquisti più importanti della Juve siano stati sbagliati), non è soltanto una questione di scelte o di formazioni o di sistemi di gioco.
E’ una gestione complessiva e una responsabilità collettiva: da cui nessuno potrà esimersi. Società, dirigenza, allenatore e anche giocatori, senza dubbio. E qui arriviamo al rendimento. Perché è evidente che il rendimento della maggior parte giocatori sia insoddisfacente. Ma anche questa non può essere esclusiva responsabilità dell’allenatore. Che però rimane il primo referente proprio per la parte tecnica. Il rapporto con lo spogliatoio è uno degli argomenti più dibattuti dal popolo juventino: un rapporto che da molti viene definito poco empatico. Se fosse vero certamente conterebbe: la capacità di trasferire le proprie idee nel miglior modo possibile ai propri giocatori è determinante. Indipendentemente dall’empatia (e quindi dalla causa) alla Juventus questo processo sembra essersi come minimo fermato, nonostante un cambiamento radicale degli uomini a disposizione dell’allenatore.
Sono questi i problemi principali in casa Juve. Problemi che non si risolvono in poche ore e neanche in un paio di settimane. Ma sono quelle che ha a disposizione - almeno adesso - Thiago Motta per cominciare ad invertire la tendenza. Le prime due settimane che possano costituire un trampolino per il finale di stagione e conseguentemente anche per le prossime. Quindi finire bene, dare ampi segnali di miglioramento per porre delle basi solide anche in futuro. Altrimenti anche a prescindere dalla qualificazione potrebbero rimanere dei dubbi: e non sarebbe certo il modo migliore per affrontare la prossima stagione.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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