Ci sono momenti in cui il calcio passa decisamente in secondo piano, anche se al triplice fischio l’urlo liberatorio di una città intera è pronto a esplodere. Bergamo ha vissuto proprio questo: una serata di gloria e di lutto, di sorrisi soffocati e di lacrime sincere, una festa contenuta e composta che nessuno avrebbe mai voluto vivere in questo modo.
Il successo dell’Atalanta contro la Roma è stato grande, meritatissimo, eppure trattenuto, ridimensionato da un dolore ancora troppo fresco per poter lasciare spazio alla gioia sfrenata. C’è un nome che riecheggia più forte di ogni vittoria, un nome scandito con forza dai tifosi nerazzurri: Riccardo Claris. Ventisei anni e una vita interrotta in maniera tragica, violenta, incomprensibile. Il silenzio dello stadio, rotto solo da applausi e cori puntuali e sentiti, è stato il modo più significativo di ricordare un ragazzo strappato troppo presto alla sua gente.
Bergamo ha reagito con maturità e dignità, evitando le grida di una festa che pure sarebbe stata lecita e comprensibile: quinta qualificazione Champions in sette anni, un record straordinario che altrove avrebbe provocato caroselli interminabili. Ma qui no, qui l’urlo è rimasto soffocato in gola, è diventato sussurro, carezza delicata a quel nome – “Claris, Claris” – che vola via verso un cielo troppo distante, troppo ingiusto.
Colpisce l’immagine dello striscione della Curva Nord - ripercorre stamane L'Eco di Bergamo con un emozionante taglio editoriale -, semplice e potente nella sua drammatica poesia: «Portato via da un mondo senza coscienza, rimbomba nel silenzio la tua assenza». È la perfetta sintesi di ciò che l’intera tifoseria nerazzurra sta vivendo: l’euforia per un traguardo storico mitigata dal peso enorme di una ferita che sanguina ancora, aperta su una città che ha dimostrato più volte di saper soffrire e ripartire.
Fa riflettere il gesto stesso degli ultrà: la scelta consapevole del silenzio non è debolezza, né paura. È una precisa presa di posizione, una dichiarazione di responsabilità che merita rispetto e comprensione. Bergamo ha deciso di tacere per interrogarsi, per capire, per pretendere risposte che al momento nessuno sa ancora dare. Il silenzio non è mai stato così eloquente, così forte, così potente.
Anche sul campo, la partita ha vissuto di questa strana atmosfera sospesa. Nessuna celebrazione eccessiva dopo il gol decisivo di Sulemana, eroe inatteso ma perfettamente in linea con una serata in cui tutto sembrava segnato da un copione scritto altrove. Gasperini, gli occhi lucidi, ha indicato i suoi giocatori verso la curva: niente canti, niente cori, solo sciarpe alzate in silenzio. Una coreografia naturale e spontanea che resterà impressa nella memoria collettiva, più di qualsiasi urlo di gioia.
È giusto così: Bergamo non dimentica e non vuole dimenticare. Questa Champions, la quinta in pochi anni, sarà forse la più speciale e malinconica, perché segnata indelebilmente da un ricordo che va oltre il calcio giocato. È il ricordo di Riccardo Claris, è il silenzio dignitoso di una città che, pur nella gioia, resta consapevole che certi dolori non possono essere cancellati da una semplice vittoria.
Il calcio passa, la vita resta. E la serata di Bergamo, così surreale e struggente, ce lo ha ricordato ancora una volta con forza. Con un silenzio che, questa volta sì, ha fatto davvero tanto rumore.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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