Non è più calcio, è un ring senza regole. Quando la passione della domenica pomeriggio lascia spazio alla furia cieca, il verdetto della giustizia sportiva non può che essere impietoso e definitivo. In Seconda Categoria va in scena l'ennesimo, triste capitolo di violenza ingiustificata contro un direttore di gara, un episodio che macchia indelebilmente il weekend sportivo bergamasco e che ha costretto il Giudice Sportivo a usare il pugno di ferro per sanzionare una condotta definita inaccettabile dai referti ufficiali.
SENTENZA ESEMPLARE – Il conto presentato è salatissimo - descrive e argomenta L'Eco di Bergamo -, quasi una condanna all'esilio dai campi per tutta la stagione e oltre. Luigi Locatelli, tesserato dell'Oratorio Albino (Girone B), dovrà restare a guardare i compagni da dietro la rete fino al prossimo 18 luglio. Sette mesi di stop forzato, conseguenza diretta e inevitabile di quanto accaduto durante la sconfitta casalinga per 1-0 contro il Celadina. Una gara che verrà ricordata non per il risultato, ma per la follia scatenatasi dopo un cartellino rosso.
L'ESCALATION DI RABBIA – Tutto nasce da una doppia ammonizione, con la seconda sanzione comminata per proteste. Ma invece di imboccare la via degli spogliatoi a testa bassa, il giocatore ha perso totalmente il controllo. Le motivazioni pubblicate nel comunicato della Delegazione di Bergamo dipingono un quadro inquietante: Locatelli si è avvicinato in modo minaccioso al direttore di gara, riversandogli addosso un torrente di insulti, frasi intimidatorie ed espressioni blasfeme, arrivando ad appoggiare una mano sulla spalla dell'arbitro. Un presagio di quanto sarebbe accaduto pochi istanti dopo.
IL CONTATTO FISICO – Nonostante il tentativo disperato dei compagni di squadra di trattenerlo e allontanarlo, la furia non si è placata. Il giocatore è tornato alla carica, reiterando le offese e passando dalle parole ai fatti: il referto parla chiaro, citando un colpo a mano aperta sferrato frontalmente all'altezza della spalla con «intensità media». Un impatto tale da costringere l'arbitro ad arretrare fisicamente. Un gesto che rompe il patto di non belligeranza che dovrebbe regnare su ogni campo di provincia.
TENSIONE FINO ALLA FINE – Nemmeno l'uscita dal rettangolo verde è servita a sbollire gli animi. Anche una volta fuori dal recinto di gioco, il tesserato ha mantenuto la medesima condotta violenta, continuando a lanciare minacce e offese gravi all'indirizzo del fischietto. Solo il deciso e definitivo intervento dei dirigenti presenti ha messo fine a una domenica di ordinaria follia. Ora restano sette mesi di squalifica per riflettere su un concetto semplice: toccare l'arbitro non è mai un'opzione.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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