Mattia Caldara non è più un calciatore, ma non ha smesso di respirare calcio. A 31 anni, dopo un corpo che l’ha tradito troppe volte, ha trovato una serenità che sembrava irraggiungibile. Ha chiuso una porta che credeva avrebbe varcato per molti anni ancora e ne ha aperta un’altra, piena di curiosità e futuro. In questa lunga conversazione c’è tutto: la sofferenza, la lucidità, le cicatrici e l’amore per l’Atalanta, che resta casa, cuore e bussola.

ACCETTAZIONE – Caldara parla con una calma nuova - in lunga intervista a L'Eco di Bergamo -: «Sto bene. L’accettazione è stata la parte più dura. Quando capisci davvero che è finita, puoi ricominciare. Da fine agosto avevo intuito che tutto stava per chiudersi. Settembre e ottobre sono stati devastanti, non vedevo la luce. Ora sì». I ricordi fanno male, ma li affronta con onestà: «Al Milan mi sono rotto tendine d’Achille e crociato. Poi la cartilagine della caviglia allo Spezia. Era diventato tutto un peso».

LA LETTERA – Le sue parole, nella lettera che ha annunciato il ritiro, hanno commosso molti. «Forse i toni erano forti, ma volevo raccontare davvero il mio percorso. Mi hanno scritto in tantissimi: significa che qualcosa l’ho lasciata».

IL FUTURO – Ora inizia un’altra strada. «Voglio allenare. Ma prima devo studiare. Sono molto critico con me stesso: farò il patentino questa estate e solo dopo capirò se è la mia via». Intanto ha iniziato ad Azzano, nella scuola calcio dove gioca suo figlio: «Seguo l’Under 14. Insegno la fase difensiva. I ragazzi mi ascoltano, è una soddisfazione enorme». Il vivaio lo attrae: «Mi piace lavorare con i giovani. Se sentirò il fuoco dentro andrò avanti, altrimenti cambierò indirizzo senza drammi».

I MODELLI – Non si sente un ex giocatore che “riempie il tempo”: «Mi vedo già più da insegnante. Ho avuto maestri enormi: a Trapani con Pagliarulo, a Cesena con Capelli e Lucchini. Si allenavano sempre al massimo: da loro ho imparato tanto».

I RICORDI – La sua carriera è stata piena di alti e bassi, ma bilancio e cuore sono chiari: «Rifarei tutto. Gli infortuni mi hanno tolto tanto, ma mi sono comunque tolto grandi soddisfazioni. Penso ai compagni del vivaio che non ce l’hanno fatta al salto in prima squadra: io ho vissuto anni bellissimi».

IL GIORNO CHE CAMBIÒ TUTTO – Il 2 ottobre 2016 è la data che Caldara custodisce. «Era il mio vero esordio. L’Atalanta era in difficoltà e non mi aspettavo di giocare. La sera prima incontrai Gasperini in ascensore: “Sei pronto?”, mi chiese. Balbettai un sì. Non dormii tutta la notte. Vincemmo. Da lì è cambiata la mia vita». Poi la doppietta al San Paolo: «Il momento più alto. Anche l’esordio in Nazionale fu speciale, ma quella partita col Napoli in dieci… per me è quella».

LA DEA DI OGGI – L’Atalanta sabato torna a Napoli. Caldara non si sbilancia nei pronostici, ma lancia un messaggio: «Se vinci una partita così, ti cambia tutto. Tiri su fiducia, fai un filotto e risali». E sul futuro: «Nei primi due posti no, ma Europa e magari Champions sì. Il campionato si è livellato. La squadra è forte: serve una scintilla psicologica».

PALLADINO – L’arrivo del nuovo allenatore lo convince profondamente: «Me l’aspettavo già in estate. È quello giusto: idee nuove, coraggio. Juric era una scelta di continuità, ma dopo Gasperini chiunque avrebbe fatto fatica. Gasp è stato incredibile: provava mille soluzioni, giocavamo a occhi chiusi».

LA FORZA DELLA SQUADRA – Caldara vede una rosa piena di talento: «Scamacca, se sta bene, è il miglior attaccante italiano. Ederson può fare tutto. Lookman e De Ketelaere sono fortissimi. E poi i miei ex compagni: de Roon, Djimsiti, Sportiello, Bellanova. Non mollano mai»
Se è una squadra più forte della sua Atalanta? «Di quella del primo anno sicuramente. Ma quella del 2020 era magia: Ilicic e Gomez inventavano calcio, sapevamo di avere più gamba degli altri».

DIFENSORI DI IERI E DI OGGI – Caldara non ha dubbi su chi sia stato il più forte visto a Zingonia: «Romero. Impressionante. Pensai: “Non giocherò più”. Era ingiocabile. E avevo detto anni fa che Bastoni sarebbe diventato il migliore: oggi è il top in Italia».
Su Hien: «Non me lo aspettavo così forte. Sull’uomo è impressionante. Fatica un po’ senza riferimento, come Palomino».
Su Scalvini: «Mi rivedo in lui. Gli infortuni minano la testa, perdi sicurezza. Ma è un talento enorme: basta qualche partita positiva di fila».

I LEGAMI – Restano i rapporti con Mancini, Conti, Grassi e Gagliardini: «Siamo cresciuti insieme. Anche loro avrebbero meritato di più: purtroppo gli infortuni contano tantissimo».

IL GRANDE SOGNO – C’è un legame che non cambierà: «L’Atalanta è la squadra della mia vita». E l’obiettivo a lungo termine è chiarissimo: «Mi piacerebbe un giorno lavorare nel vivaio di Zingonia. È il mio sogno. Ma senza fretta. Prima devo capire se questo percorso è davvero il mio». E intanto un ritorno è già fissato: «Torno allo stadio in Coppa Italia contro il Genoa».

Caldara non ha smesso di lottare: ha solo cambiato campo. La sua carriera da giocatore finisce troppo presto, ma ricomincia un’altra partita, più silenziosa e forse più profonda. E il filo che lo lega all’Atalanta resta lì, intatto: un giorno, chissà, potrebbe riportarlo proprio a Zingonia, nel luogo dove tutto era cominciato.

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Sezione: Primo Piano / Data: Ven 21 novembre 2025 alle 07:45
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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