Quando una squadra cerca una strada, spesso basta seguire chi sa indicarla. Per Antonio Conte, i fari da cui ripartire hanno due nomi: Scott McTominay e Rasmus Hojlund. I loro gol, la loro personalità, il peso specifico delle loro prestazioni internazionali sono l’appiglio tecnico ed emotivo di cui il Napoli ha disperatamente bisogno. Perché sabato arriva l’Atalanta, e la tempesta di Bologna non è ancora stata dimenticata.
MC T – LA FIGURINA CHE FA LA STORIA – Ci sono calciatori che si incastrano nei momenti che contano, come fossero destinati a comparire sempre nei punti decisivi della trama. Scott McTominay appartiene a questa razza rara. Nel volo che ha regalato alla Scozia il ritorno al Mondiale dopo ventotto anni, in quel colpo sospeso tra figurina Panini e CR7 versione scozzese, c’è il manifesto di un giocatore che attraversa i momenti importanti con naturalezza.
Non è un caso che tutto questo arrivi sei mesi dopo un’altra notte da altare, quel Napoli–Cagliari del 24 maggio scorso quando, con lo scudetto che tremava nelle gambe azzurre, McTominay decise il match con un gesto tecnico che ha già un posto nel museo emotivo dei tifosi: postura perfetta, potenza pura, tempismo d’élite. Gol da MVP di stagione. Dodici reti, prestazioni da gigante e una leadership che oggi Conte considera imprescindibile.
I GOL CHE MANCANO – Il Napoli, in questi sedici mesi, ha avuto un problema preciso: i gol. Lo scudetto arrivò con appena 59 centri, pochi per chi comanda il campionato. Quest’anno la media è scesa ancora (1,45), e nonostante l’arrivo di Hojlund e Lucca al posto dell’infortunato Lukaku, il conto non torna. La qualità della manovra si vede, l’efficacia no. Ecco perché le ultime partite delle Nazionali offrono un assist psicologico enorme: Hojlund ha segnato, sciogliendo un nodo che si trascinava da settimane, e McTominay ha trascinato il suo Paese verso gli USA.
HOJLUND – LA LUCE CHE TORNA – Il rigore trasformato con la Danimarca - approfondisce La Gazzetta dello Sport -, pur in una serata d’illusione, vale più di un semplice gol. Vale fiducia, vale continuità, vale libertà mentale. La stanchezza che lo ha costretto al cambio non desta preoccupazioni, e il ritorno immediato a Castel Volturno ricaricherà ulteriormente il danese, che ora può davvero prendersi il Napoli sulle spalle in attesa del rientro definitivo di Lukaku.
NERES, L’ANELLO MANCANTE – Se il centrocampo ha perso i suoi pilastri (Anguissa e De Bruyne), l’attacco deve tornare a rispondere con ferocia. E qui entra in gioco David Neres, un talento che Napoli ha visto per troppo poco tempo. La sua ultima esultanza? Il 4 gennaio a Firenze. Una vita fa. Da allora 321 giorni senza gol, trenta partite di silenzio per un giocatore nato per incidere. Ma Conte lo vede, lo sente, lo aspetta: sa che con Politano sulla destra e Neres a sinistra può tornare a disegnare il tridente che un anno fa aveva incendiato il campionato.
SCENARI – È qui che i pezzi tornano al loro posto. McTominay ed Elmas accanto a Lobotka per ridare equilibrio al centrocampo; Politano e Neres larghi a sostegno del centravanti; Hojlund pronto a far male in profondità. E Lucca come alternativa “bestiale”, utile quando servirà centimetro, peso, area di rigore pura. Una squadra che ritrova struttura, idee e soprattutto la sua anima competitiva.
Conte ha perso i suoi incursori, i suoi equilibratori, i suoi bomber aggiunti. Ma ha ritrovato due certezze che vengono da lontano, da due maglie diverse ma da una stessa fibra: McTominay e Hojlund, uomini da battaglia, da svolta, da emergenza.
E allora sì: se il Napoli deve rialzarsi, chi meglio di loro?
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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