Gianluca Paparesta è una delle figure di riferimento del panorama sportivo italiano. Ex arbitro internazionale con oltre 125 direzioni in Serie A, dottore commercialista e oggi General Manager della Blu Basket Bergamo (A2), unisce competenza tecnica e visione organizzativa maturate in anni di campo e di management. La sua nuova sfida passa da Bergamo, città che sta riscoprendo anche il basket come motore di passione e sviluppo. In esclusiva per TuttoAtalanta.com, Paparesta racconta progetto, ambizioni e sguardo sul calcio di oggi.
Gianluca, dal calcio al basket: oggi è General Manager della Blu Basket Bergamo. Come è nato questo legame?
«La proprietà voleva spostarsi a Bergamo e mi ha chiesto una mano. Avevo già sviluppato alla Bocconi un progetto su calcio e basket, con molte interazioni comuni, e ho accettato la proposta del presidente Mascio. Sono sempre stato appassionato di sport, pur provenendo dal calcio. Bergamo è un territorio forte, radicato, e l’idea di un progetto ambizioso nel basket mi ha convinto: qui c’è terreno fertile».
Che idea si è fatto di Bergamo dal punto di vista sportivo?
«È una città con enormi potenzialità, già espresse con l’Atalanta, ma spendibili anche in altri sport. Penso alla pallavolo femminile, a lungo in A. Mancava il basket: ora abbiamo portato il titolo di A2 con un obiettivo ambizioso, salire di categoria».
La città come ha risposto?
«In modo fantastico. Domenica scorsa alla ChorusLife Arena c’erano quasi 3.000 persone, e per la gara successiva siamo andati verso il tutto esaurito. Vedo una grande passione per una squadra che porta il nome di Bergamo in Italia, indossando la maglia con lo skyline della città».
Le iniziative di coinvolgimento dei giovani nate col calcio possono essere replicate nel basket per allargare la base dei tifosi?
«Ce lo auguriamo e lo stiamo già facendo: coinvolgiamo le scuole di basket del territorio e le scuole cittadine con comunicazioni mirate, per far sapere che ora a Bergamo c’è anche una squadra ambiziosa che gioca in una struttura d’eccellenza come la ChorusLife Arena. Il basket fa il resto: è affascinante, incerto fino agli ultimi secondi, si vive punto su punto ed è entusiasmante».
Blu Basket Bergamo offre emozioni e anche spettacolo: l’idea è creare uno “show nello show”.
«Vogliamo collegare la partita alla partecipazione di personaggi capaci di attirare i giovani. Abbiamo ospitato il rapper Rondodasosa nell’intervallo lungo e intendiamo coinvolgere altre figure simili. Il basket si presta: stile, musica e sport si contaminano, con un look spesso di ispirazione americana. È un format moderno e coinvolgente».
Giocherete le partite casalinghe sempre a Bergamo?
«Quando abbiamo trasferito il titolo a Bergamo, la ChorusLife Arena aveva già un palinsesto fitto, talvolta non conciliabile con il nostro calendario. Giocheremo in città ogni volta che sarà possibile, perché la risposta del pubblico è straordinaria. Stiamo dialogando con i vertici della struttura. Quando non sarà possibile, giocheremo alla Opiquad Arena di Monza, a mezz’ora dal centro e facilmente raggiungibile: logisticamente più comoda di altri impianti provinciali».
Progetti comuni o collaborazioni con l’Atalanta per valorizzare Bergamo come “Città dello Sport”?
«Sarebbe un obiettivo importantissimo. Ci stiamo lavorando con cautela e massimo rispetto per ciò che l’Atalanta rappresenta. Sarebbe bello dar vita alla prima Polisportiva italiana, come accade all’estero: Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco. Se faremo bene la nostra parte, se dimostreremo serietà e capacità di generare valore, una fanbase condivisa tra calcio e basket – anche in termini di merchandising – potrebbe diventare una grande opportunità per la città. Ambizioso, sì, ma realistico se i passi saranno quelli giusti».
Centoventicinque partite arbitrate in A e un ricordo su tutti: Lazio–Inter 4-2 del 5 maggio 2002. C’è una gara che le è rimasta particolarmente impressa?
«Quella è la più nota, nell’immaginario collettivo: una festa annunciata per l’Inter diventata un dramma sportivo, non per errori arbitrali ma per una giornata “no” della squadra. Lo sport è questo: l’imprevedibile. Tra le più care, ricordo molti derby italiani (Milano, Roma, Torino) e diverse gare internazionali, dove vivi contesti totalmente differenti».
Con l’introduzione del VAR, il ruolo dell’arbitro è cambiato?
«Molto. Il VAR è un ausilio fondamentale, ma non deve diventare un alibi per deresponsabilizzare gli arbitri. Il rischio, per personalità più fragili, è aspettare il richiamo del VAR prima di decidere su rigori o gol annullati. Così si perde l’essenza del ruolo: decidere in pochi istanti. Bene se le immagini correggono ciò che in campo non potevi vedere; ma se si tratta di episodi perfettamente visibili, non si può rinunciare alla responsabilità della chiamata. Va preservata personalità e carisma dell’arbitro».
Lei avrebbe preferito arbitrare con o senza VAR?
«Con. Prendevo le mie decisioni, ma talvolta sbagliavo perché coperto da un corpo: la telecamera sul lato opposto lo vedeva. La goal-line technology oggi è decisiva: sapere con certezza se il pallone ha oltrepassato la linea non era sempre possibile “a occhio”. Anche sui fuorigioco la tecnologia elimina molte ambiguità. Strumenti preziosi, purché non si rinunci al coraggio della decisione».
L’errore che ricorda ancora oggi?
«Il mio primo Milan–Juventus a San Siro. Concessi un rigore al Milan: tutti, tranne il marcatore di Inzaghi, erano convinti fosse penalty. A fine gara Ancelotti venne a farmi i complimenti; dieci minuti dopo tornò: «I complimenti restano, ma in tv non c’è fallo». Rivedendo le immagini, era simulazione. A volte la dinamica inganna anche i migliori: lì capisci quanto la tecnologia oggi possa aiutare».
Che impressione le ha fatto l’Atalanta di questa stagione?
«Una squadra solida. Ha pagato un avvio non semplice, anche per la situazione Lookman, ma ha dato l’esempio di come una società debba gestire casi del genere: l’interesse del club sopra i capricci dei singoli. Lo aveva già dimostrato con Koopmeiners. Venendo dalla scuola di Gasperini, il nuovo allenatore sta ripercorrendo il tracciato con idee chiare: da bergamasco d’adozione mi auguro che la Dea continui su questo percorso esaltante, coronato dall’Europa League, un orgoglio per tutti».
Atalanta–Lazio: cosa ci dobbiamo aspettare?
«La Lazio alterna picchi e difficoltà, ma va rispettata. Un’Atalanta al completo, con Lookman a pieno regime, ha concrete possibilità di un risultato positivo anche contro i biancocelesti».
Dalla direzione di match entrati nella storia del nostro calcio alla costruzione di un progetto cestistico ambizioso, Gianluca Paparesta continua a muoversi con la stessa determinazione: competenze, passione e organizzazione. A Bergamo, la sua Blu Basket vuole consolidare la pallacanestro in città e contribuire – attraverso lo sport – alla crescita di una comunità. La visione è chiara: fare di Bergamo una vera città dello sport.
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