Un anno esatto. Dodici mesi che a volte sembrano volati via, altre invece scorrono lenti, quasi per ricordarci meglio ogni istante di quella notte incredibile. Il 22 maggio 2024 non è stato soltanto il giorno in cui l’Atalanta ha alzato al cielo la sua prima Europa League. È stato molto di più. È stato il giorno in cui una città intera, Bergamo, si è stretta in un unico grande abbraccio, guardandosi indietro e poi avanti, ritrovando sé stessa dopo anni di sofferenze e sacrifici.
Quella tripletta di Ademola Lookman a Dublino contro il Bayer Leverkusen, quelle reti siglate come un destino ineluttabile, non sono stati solo dei sigilli di una partita o di una competizione, ma i punti di svolta di una storia collettiva. Bergamo è rinata, simbolicamente, in quel preciso istante. Come se il tempo si fosse fermato per restituire dignità, speranza e orgoglio a una città che il Covid aveva duramente colpito. Lookman che correva verso la curva dei tifosi nerazzurri, seguito dai compagni, sembrava quasi voler trascinare con sé un’intera comunità verso una nuova stagione della vita.
Perché la vittoria dell'Europa League, da oggi passata idealmente nelle mani del Tottenham – che ironia, il destino –, non è stata semplicemente sportiva. È stata una vittoria umana, sociale, profondamente identitaria. Una squadra, l'Atalanta, che rappresenta Bergamo come nessun'altra cosa al mondo, ha saputo risollevare lo spirito di una città intera. Il calcio è magia anche per questo: ha il potere di rimarginare ferite, unire mondi diversi, accendere cuori, ricostruire ponti.
Ma nulla sarebbe stato possibile senza la guida esperta di Gian Piero Gasperini, il timoniere di una nave che ha solcato mari tempestosi, tenendo la rotta verso l’impresa. E dietro di lui, una società che ha programmato con pazienza, sapienza e coraggio, con Antonio e Luca Percassi prima e con l’arrivo di Stephen Pagliuca poi, capaci insieme di portare l’Atalanta in cima al tetto d’Europa. Nessun successo nasce per caso: quella notte di maggio fu il punto di arrivo di anni fatti di lavoro silenzioso e lungimirante.
Ademola Lookman fu il simbolo, l'uomo del destino, ma in quella tripletta, in quella notte indimenticabile c’era tutto: l'identità di una squadra, la forza di un gruppo e soprattutto la voglia di riscatto di una città che ha saputo rialzarsi dopo la tempesta più difficile.
Oggi, mentre il Tottenham raccoglie il testimone con un 1-0 sul Manchester United che risuona come un eco lontana del nostro stesso trionfo, Bergamo festeggia ancora. Non per nostalgia, ma per tenere vivo un ricordo che appartiene per sempre alla storia. Festeggia perché sa bene che, nonostante il calcio vada avanti e nuovi campioni e nuove squadre prenderanno il posto dei vecchi protagonisti, ciò che è stato vissuto quella notte rimarrà scolpito nell'eternità della memoria collettiva bergamasca.
Un anno dopo, quella coppa è ancora lì, nei cuori e nelle menti, e nessuno potrà mai più portarla via. Quell'immagine è diventata patrimonio di una comunità che non si è mai arresa e che da allora guarda al futuro con occhi diversi. I gol di Lookman, il sorriso di Gasperini, le lacrime di gioia sugli spalti, resteranno per sempre il simbolo di una Bergamo che ha imparato che nulla è impossibile, nemmeno la felicità.
Ecco perché oggi, un anno dopo, diciamo ancora una volta grazie. A Lookman, all'Atalanta, a tutti coloro che ci lavorano ogni giorno nel dietro le quinte, a Gasperini, alla famiglia Percassi e Pagliuca, a tutti i protagonisti di questa storia meravigliosa. Grazie a chi ha reso possibile un sogno, a chi ha regalato a una città intera la certezza che anche dopo la notte più buia, arriva sempre una nuova alba
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