In una settimana si è consumato il passaggio dal trionfo all'amarezza più profonda. Gian Piero Gasperini non è più l'allenore dell’Atalanta, lasciando dietro di sé risultati da record e sentimenti contrastanti. Come spesso accade nei grandi amori finiti bruscamente, c’è spazio per gratitudine, nostalgia e un pizzico di rancore.
L'ULTIMO ATTO TRA OVATION E FREDDEZZA – Domenica sera Bergamo era ai piedi di Gasperini. Il pubblico atalantino, convinto di averlo definitivamente conquistato, gli ha tributato una standing ovation come dichiarazione d’amore. Lunedì sembrava tutto pronto per il rinnovo contrattuale, proposto dalla società a cifre altissime per la piazza. Ma martedì, nel cuore pulsante di Zingonia, il clima si è raffreddato bruscamente, facendo emergere tutte le distanze tra le aspirazioni del tecnico e le intenzioni della dirigenza.
DA ALLENATORE A IMPERATORE – Gasperini non voleva semplicemente rimanere sulla panchina atalantina: desiderava diventare una figura quasi mitologica - scrive Pietro Serina sul Corriere di Bergamo -, una sorta di Alex Ferguson orobico, con un potere decisionale esteso a tutto il club. Ma a Bergamo non funziona così: la dirigenza ha sempre difeso il suo modello fatto di equilibri precisi, nel quale i vertici decidono le strategie di mercato, mentre all’allenatore spetta guidare al meglio i giocatori a disposizione. Una linea di demarcazione netta che ha segnato il punto di rottura.
LA ROMA ERA GIÀ NELL’ARIA – Dietro i silenzi e le risposte vaghe degli ultimi mesi, Gasperini stava già pianificando la sua prossima avventura, quella nella capitale. L’annuncio del suo imminente arrivo alla Roma era già stato anticipato indirettamente da Claudio Ranieri, e le trattative erano molto più avanti di quanto i tifosi nerazzurri potessero immaginare. Una scelta legata non solo a nuove motivazioni, ma anche a un ingaggio sostanzioso da circa 18-20 milioni netti in tre anni, sufficienti a dire addio al sogno orobico per abbracciare quello romano.
GASP SPIEGA: "SERVONO NUOVE SFIDE" – Nella sua lettera d’addio, Gasperini ha chiarito che la scelta nasce dal bisogno di trovare nuovi stimoli, da sempre fondamentali per il suo lavoro. Riparte da una Roma che è finita dietro all'Atalanta in classifica e che dovrà confrontarsi con limiti finanziari pesanti sul mercato. Ma il tecnico è fatto così, ha bisogno di sfide complicate per esprimere il suo genio calcistico, pur sapendo che nella capitale non troverà un ambiente facile.
IL FUTURO IN TRE DOMANDE – Ora l’Atalanta, dopo quasi un decennio di emozioni fortissime e risultati storici, deve guardare avanti. E lo farà ripartendo dalle risposte a tre domande cruciali per il club e per il successore di Gasperini: La squadra attuale è davvero competitiva come sostenuto dal tecnico nell’ultimo saluto, oppure dovrà essere profondamente rivista? È opportuno continuare con un calcio simile a quello gasperiniano o puntare decisamente su qualcosa di diverso per evitare confronti impossibili? Meglio affidarsi a un allenatore capace di inserirsi con umiltà nelle dinamiche societarie o puntare su un nuovo tecnico carismatico ma potenzialmente difficile da gestire?
Bergamo ora deve metabolizzare questo passaggio traumatico con razionalità: Gasperini ha regalato emozioni uniche e irripetibili, ma l’Atalanta è e resterà sempre più grande di ogni singolo. Perché gli uomini passano, anche i più grandi, mentre l’Atalanta rimane, forte di una passione indistruttibile che è già pronta a scrivere nuovi capitoli di gloria.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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