L’eliminazione della Juventus fa troppo rumore per non essere presa in considerazione con la dovuta considerazione. Non è un’eliminazione indolore, anche perché arriva al termine di una settimana devastante per i colori bianconeri. Prima la debacle in Olanda, ai playoff di Champions League. Poi la vittoria a Cagliari senza particolari acuti (soprattutto nel secondo tempo). Ora la serata infausta di coppa Italia, definita dallo stesso Motta talmente grave “da provare vergogna”. Le parole dell’allenatore sono durissime: spera nella critica forte, si addossa critiche, sente che la squadra non ha ben chiaro in testa cosa significhi giocare per la Juventus. E questo discorso - in tutta sincerità - non è figlio soltanto di una sconfitta contro l’Empoli (che peraltro non schierava la sua formazione tipo) ma è il manifesto di questa stagione bianconera dove non si è mai riusciti ad avere una continuità ed una crescita tali da poter ritenere soddisfacente la stagione.
Questa serata porterà con sé molte considerazioni. Sia sulla bontà del progetto bianconero (da giudicare, e poi ne parleremo) nella totalità della stagione (quindi con l’eventuale quarto posto in archivio) prendendo in considerazione tutto. Oggi sembra che ci siano i calciatori al centro della polemica: prestazioni certamente non all’altezza. Ma nell’equazione, come succede in questi casi, non possono essere tolte le altre variabili. Se in casa Juventus l’asse società-allenatore, almeno finora, ha sempre retto alla grande e soprattutto pubblicamente, altrove ci sono state certamente delle crepe che non hanno permesso uno sviluppo verticale. Basta questo per mettere in discussione tutto? Bisogna essere onesti: la risposta dovrebbe essere no. La società non ha mai preso in considerazione un cambiamento in panchina e non lo aveva in testa neanche per la prossima stagione. Una considerazione ponderata rispetto a tutte le difficoltà (ricostruzione della squadra, nuovo allenatore e nuove gerarchie, gli infortuni) che ci sono state durante la stagione. Ma questo non significa dover mettere la testa sotto la sabbia. Ora mentre in campo si cercherà di difendere il quarto posto, di qualificarsi quindi per la prossima Champions League e di dare alla società quell’orizzonte economico e sportivo in grado di poter effettuare un ulteriore salto in avanti, contemporaneamente dovranno essere analizzate le difficoltà di quest’anno. Che sono state molte.
Dicevamo del rapporto fra la dirigenza (quindi Giuntoli) e l’allenatore (quindi Motta). Qualsiasi tipo di decisione - anche le più dure e controverse - sono state prese nell’interesse della crescita della Juventus. Ma non sono riuscite a portare i frutti sperati.
La ricostruzione è passata attraverso anche la cessione (alle volte anche dolorosa) di alcuni elementi chiave delle passate stagioni. Ed è passata anche attraverso delle spese ingenti di mercato, volte a migliorare la squadra dove lo scorso anno sembravano esserci delle lacune. E si badi bene: qui non si parla di quanti soldi sono stati spesi. Perché in tutta onestà bisogna sottolineare come la spesa annuale della Juventus per sostenere questa rosa (ammortamento cartellini più gli stipendi al lordo) sia leggermente inferiore rispetto alla passata stagione. Questo contemporaneamente ha portato a un abbassamento ulteriore del monte ingaggi e a una squadra con l’età media decisamente più bassa.
Qui - se i giocatori non funzionano, non hanno capito lo spirito Juve, non hanno capito l’importanza della maglietta - le strade possono essere, sfrondando all’osso tutto, soltanto due: o ci sono stati degli acquisti che non si sono inseriti, che non hanno funzionato e per i quali si è investito troppo oppure il lavoro proposto non ha attecchito. Quel lavoro che sembrava aver preso piede nella prima parte della stagione poi non è proseguito e ha portato a un ibrido. Ma essendo ancora più crudi: o c’è un problema di qualità della squadra o c’è un problema con l’allenatore. E una strada non esclude l’altra.
E’ sempre difficile poter dare le percentuali quando la situazione diventa così difficile. Ma sebbene un primo anno possa essere comunque complicato, sebbene ci siano stati degli infortuni che soprattutto nella prima parte della stagione hanno minato questo percorso, sebbene l’età media della squadra presuppone che si possano fare degli errori per fare esperienza c’è bisogno che la Juventus per intero (dalla dirigenza, all’allenatore per finire con la squadra) prendano coscienza di questo e trovino la motivazione di una stagione che rischia di essere la peggiore della Juventus degli ultimi 20 anni.
Questa rischia di essere una stagione peggiore della precedente. Una stagione piena di polemiche e di attriti, con tanta coda nel veleno ma con un terzo posto (e quindi una Champions mai in discussione) e una coppa Italia vinta in mezzo alle esultanze polemiche. Per ritrovare una Juve senza Champions League bisogna tornare alla stagione 2010-11: la Juve di Delneri e del primo anno di Marotta e Paratici (allora non si qualificò per nessuna coppa Europea, arrivando settima). Ecco che quindi la qualificazione in Champions diventa determinante anche per poter valutare il lavoro complessivo, tanto più che ora il quarto posto (seppur con un vantaggio minimo) è nelle mani della Juventus.
Ora la Juventus si mette sotto processo. Ha iniziato Motta ieri sera, non tirandosi fuori dalla lista dei responsabili. Pensare che sia colpa esclusivamente sarebbe troppo semplice: è vero che a pagare, nel caso di risultati insoddisfacenti, è sempre l’allenatore. Ma pensare di poter buttare via un progetto sul quale fino a ieri sembravano non esserci dubbi sarebbe schizofrenico. Ma non averne sarebbe altrettanto deleterio.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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