Osservatore e consulente sportivo. Compito precipuo, la ricerca di once di talento in giro per l'Europa, memore di quello lasciato nelle fatidiche scarpette appese al chiodo a malincuore. Non male, per uno che in campo qualcosa era riuscito a combinare. Da qualche anno, però, il salto del gambero: la malattia e qualche colloquio con il pm anti-doping Guariniello evidentemente andato di traverso a troppi. Quindi, l'oblìo di tutto un ambiente che i termini "riconoscenza" e "umanità" non sa nemmeno dove stiano di casa. E così a Salvatore Garritano, ex attaccante di riserva dell'ultimo grande Torino scudettato e atalantino nel periodaccio delle transizione tra Bortolotti padre e figlio, non resta che spegnere cinquantasei candeline con la mestizia e insieme la rabbia del campione dimenticato. Anche la sua società è tuttora in piedi, alla facciaccia di gufi e avvoltoi che si annidano rapaci intorno a una sfera di cuoio assurta a simbolo di business.

Messo da parte dal suo mondo, dal 2007 il guizzante e tecnico puntero di movimento che a Bergamo duettava con Pircher, Paina ed Ezio-gol Bertuzzo è affetto da leucemia. Una forma cronica e fin qui tenuta sotto controllo, ma che purtroppo è bastata a boillarlo come untore. Specie per le sue denunce delle pratiche sanitarie illecite del calcio dei suoi tempi, che hanno mietuto vittime come Bruno Beatrice, suo compagno alla Ternana. Garritano, nato a Cosenza il 23 dicembre 1955, alla Dea ha lasciato un ricordo e un tabellino importanti: 12 presenze e 3 reti in A, penultima avventura ad alti livelli per uno capace di 1 match e 1 gol nella Nazionale Under 23, nonché 10 e 4 in Under 21, 23 gettoni e 5 palloni schiaffati in saccoccia in B.

Tinte nerazzurre che in ordine cronologico arrivano dopo il rossoverde e il granata, la gavetta della panchina a Pulici e Graziani ancora negli occhi e nel cuore. Sarà proprio il "suo" Toro, però con Urbano Cairo in sella, a finire nel mirino dell'intervista rilasciata all'"Espresso" nel novembre dell'anno scorso, un j'accuse verso tutto il movimento all'insegna del "prima ti dopano, poi ti cacciano". Ma tant'è, a noi tocca rinverdirne le gesta sotto la Maresana per coltivare la memoria collettiva dello sport bergamasco, unico vero scopo di una rubrica meno easy di quanto si creda. Pronti via: 1978/79 sotto Titta Rota, culminato con la retrocessione e immalinconito a livello personale da una caviglia che non si decideva ad andare a posto (cinque mesi saltati), e giro di corsa successivo col mediocre nono posto cadetto sempre agli ordini del maestro di Borgo Palazzo. La storia della ninfetta sbiadita di allora continua con il passaggio della società da Achille a Cesare, quella di Garritano col ritorno al piano di sopra in maglia Bologna. Samp, Pistoiese, Omegna, Sorrento, Latina e ancora Ternana (fertile culla di eroi della Curva Nord, vedi Zampagna) le stazioni del declino. Ma la via crucis vera sarebbe iniziata ai giorni nostri. Augurissimi.

Sezione: Auguri a... / Data: Ven 23 dicembre 2011 alle 10:00
Autore: Simone Fornoni
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