Una volta nella pausa Nazionali si pensava a quanti giorni mancavano alla prossima partita. Come fosse una piccola vacanza non richiesta. Stavolta invece sia per l’attenzione che Mancini (seppure a casa in attesa di guarigione) ha saputo costruire intorno alla Nazionale e per le notizie che arrivano da procure sportive e non il calcio mantiene la sua vetrina.
In questi ultimi giorni abbiamo fatto un’overdose di ricostruzioni riguardo alla partita Juventus Napoli, ai tamponi della Lazio e alle liste della Roma, giusto per rimanere in tema di sentenze. Quello che è chiaro, rispetto a vicende completamente diverse, è che per uscire da questo periodo e non lasciarlo avvelenare dalle polemiche individualiste e ragionare facendo un passo indietro. Cercando di togliersi la maglia della propria squadra e comprendendo quale possa essere la strada da percorrere per permettere al calcio di essere ancora credibile e soprattutto più solido.
Il Covid sta seriamente minando le basi della nostra economia e di conseguenza anche le basi dell’economia del mondo del calcio. Oggi seguire le regole con coscienza è l’unico modo per permettere al calcio di superare il periodo brutto e di dare dimostrazione di unità. L’obiettivo di tutti dovrebbe essere quello di avere una visione comune, di cercare in tutti i modi (leciti, ovvio) di proseguire la stagione. Sapendo che è una stagione anomala, sapendo che il protocollo non sarà perfetto ma regge, sapendo che le fughe in avanti o laterali non servono a nessuno. Sapendo essere elastici, coscienziosi e allo stesso tempo collaborativi.
E’ questo clima di contrapposizione che stona, in questo periodo. Quando tutti cercano (o ricercano) la solidarietà, la necessità di trovare una strada, un percorso per uscire, la fotografia che lascia il calcio di sé è quella della divisione e dell’interesse specifico. E non è per una questioni di immagine che oggi ci troviamo a fare questi discorsi: è il minore dei problemi.
La sentenza della Corte Sportiva nel caso Juve-Napoli va proprio in questa direzione, ci pare di capire: la difesa del protocollo, la necessità di trovare, negli attori di questo gioco, la voglia di trovare una soluzione anche in un momento di oggettiva difficoltà, dove per forza si creano delle zone d’ombra, dei conflitti di giurisdizione. Solo con l’armonia, con il senso comune, si potrà superare questo momento. Non cercando necessariamente la ragione nelle pieghe del regolamento. Lo stesso discorso si può fare per la vicenda Asl-Nazionali (gestita in maniera diversa da regione a regione): sarebbe stato possibile normare anche questo? O prevederlo in qualche modo? Come, aggiungiamo, è brutto che sia necessario pensare di individuare un laboratorio unico di analisi per i tamponi per il timore (in attesa delle indagini della Procura della Repubblica) che ci possano essere delle situazioni poco chiare non dovute al caso.
Ecco perché mettersi la maglia della Nazionale fa bene. Ha fatto bene quando è arrivato Mancini che ha risollevato l’umore della sua truppa dopo una delle più grandi delusioni sportive della storia calcistica (a proposito in questo giorni sono 2 anni dalla clamorosa eliminazione dal Mondiale). Fa bene ora, anche se è solo un’amichevole, anche se è una Nazionale sperimentale, anche se è una Nazionale in cui pesano le assenze per Covid (e non solo quelle per infortunio). Fa bene perché sono arrivati comunque 4 gol, perché è arrivato l’esordio per altri 5 ragazzi, perché Grifo ha finalmente bagnato con il gol una sua apparizione.
Perché la mentalità che ha dato Mancini all’Italia (all’attacco, leggera, di divertimento) dovrebbe essere quella che l’intero movimento dovrebbe avere per alimentare sé stesso. E per non pensare soltanto a sé stesso.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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