Si chiude il sipario sulla favola più bella, sull’impresa che ha fatto sognare una città intera e affascinato tutta Italia. Gian Piero Gasperini lascia l’Atalanta dopo nove stagioni, segnando la fine di un ciclo irripetibile, scritto a colpi di imprese impossibili, giovani talenti lanciati verso il successo e una filosofia di calcio diventata marchio di fabbrica. Ora per la Dea arriva il momento della svolta, della ricostruzione, con la consapevolezza che ripetersi sarà complicato, forse impossibile.
IL CALCIO SECONDO GASP - Quando Gasperini arrivò a Bergamo, nessuno avrebbe immaginato ciò che sarebbe accaduto. La missione era semplice: valorizzare i ragazzi della Primavera e centrare una salvezza tranquilla. Oggi l’Atalanta è abituata a giocare in Europa, a sfidare squadre come Liverpool, Manchester City e Paris Saint-Germain alla pari, facendo sognare la propria tifoseria. Il merito di Gasperini è stato questo: cambiare le aspettative di un’intera piazza. Dal suo motto «senza rischiare non si vince», nasce un calcio aggressivo, spettacolare, totale. I difensori che attaccano, gli esterni che diventano bomber, il centravanti che si trasforma in rifinitore. Una rivoluzione totale.
DALLE PLUSVALENZE ALLE IMPRESE - Oltre al gioco, però, il grande merito di Gasperini è aver reso l’Atalanta un modello anche dal punto di vista economico. Nei suoi nove anni bergamaschi, la società nerazzurra ha prodotto plusvalenze da capogiro: ben 410 milioni di euro, grazie alle cessioni di campioni costruiti in casa come Cristante, Gosens, Romero, Kulusevski, Højlund e Diallo, solo per citarne alcuni. Ma la Dea non ha brillato soltanto nelle cessioni: indimenticabili le notti europee, dal 3-0 ad Anfield contro il Liverpool, all’impresa di Kharkiv contro lo Shakhtar Donetsk, fino a quella semifinale sfiorata contro il PSG.
MOMENTI INDIMENTICABILI - Gasperini ha attraversato gioie e dolori, lacrime di gioia e di dolore, litigate e abbracci commossi. Indimenticabile la stagione della prima storica qualificazione in Champions nel 2019, così come il momento più emozionante forse mai vissuto dalla piazza bergamasca: quel 22 maggio 2024 a Dublino, quando l’Atalanta si è fatta grande in Europa. Difficili, invece, i momenti legati alla pandemia, con le partite a porte chiuse e il silenzio surreale degli stadi vuoti, scanditi soltanto dalle sue grida sempre più forti e decise.
UN MODELLO UNICO - La forza del Gasp non è mai stata soltanto tecnica, ma anche mentale e umana - ripercorre e ricorda Il Corriere di Bergamo -. Per lavorare con lui serviva umiltà, dedizione e zero presunzione. Il caso Gomez, la solidarietà per Ilicic, le polemiche, le espulsioni: un carattere forte che però ha sempre portato risultati straordinari. Il 2 ottobre 2016, quando tutto sembrava perso, lanciò giovani come Caldara, Conti, Petagna e Gagliardini: da lì non si fermò più, e quel coraggio divenne il simbolo stesso dell’Atalanta.
ROMA E LA DEA, NUOVI ORIZZONTI - Ora il tecnico piemontese si prepara a una sfida nuova e difficile nella capitale, con una Roma che spera di veder ripetersi il miracolo bergamasco. L’Atalanta, invece, deve ritrovare la propria strada, senza paura di cadere, ma sapendo che per la prima volta dopo tanto tempo non ci sarà più la rete di sicurezza rappresentata da Gasperini. Il grande dubbio è ora questo: saranno stati i giocatori o il tecnico a fare grande la Dea? Tra Bergamo e Roma, tra Gasperini e il suo passato, sarà presto la storia a darci la risposta definitiva.
Si chiude così un libro irripetibile. Gasperini lascia Bergamo, ma il suo nome resterà scolpito nella memoria nerazzurra per sempre. Ora spazio al futuro, ma questa volta senza reti di protezione: è la sfida più grande che attende l’Atalanta.
Autore: Lorenzo Casalino / Twitter: @lorenzocasalino
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