E’ vero una vittoria cambia completamente il sapore di una stagione. Ci rimane stasera addosso, in qualità di italiani, un po’ di fastidio. Neanche la Fiorentina ce l’ha fatta ad alzare la coppa. Le finali, dicono i giocatori più sbruffoni, non si giocano, si vincono (come i derby peraltro: vale per tutte le partite importanti). Ma questo concetto, che soprattutto per una finale, può essere assolutamente comprensibile, non deve affatto far dimenticare il percorso.
La Fiorentina non ce l’ha fatta. E questo però non può assolutamente mandare in soffitta il lavoro di Italiano e dei suoi ragazzi. Che vanno a prescindere applauditi. E’ comunque il primo passo di un cammino che sa di avere delle solide basi. La rimonta in campionato, la finale di coppa Italia, questa di stasera. Aver giocato tutte le gare della stagione ed essere arrivato alla fine a giocarsi la gloria è stato unico. Qualcuno obietterà che neanche la Conference è riuscita a vincere: non sarebbe stata protagonista in Europa lo stesso. Ma non è così: lo è stata anche senza la sconfitta. Intanto perché ha dimostrato a tutti che il valore delle idee ha un peso. Non servono solo i soldi per arrivare lontano. Servono idee e applicazione, serve poter superare i momenti difficili con serietà e dedizione, serve poterci credere anche quando la situazione sembra ormai scivolata via. La Fiorentina sa a prescindere dalla vittoria che ha un’anima, ha un percorso, ha segnato comunque una stagione. Una stagione in cui a prescindere ci sono state luci ed ombre e non può essere una partita (per quanto importante) a far parlare solo una delle due parti.
La Fiorentina a prescindere deve essere applaudita. Certo con la coppa lo sarebbe stata ancora di più. Ma questa squadra che non ha paura di nessuno, che cerca di dominare l’avversario, che cerca sempre la giocata e la profondità, che cerca delle soluzioni, che sa andare anche oltre i propri limiti, perché li conosce.
Forse era quella che (sulla carta) aveva più chanches delle italiane. Ma non importa, perché mai come in questo periodo il nostro calcio ha bisogno di esempi.
E ora tocca all’Inter. Cercare l’impresa più difficile, contro quelli che tutti già indicano come campioni. Quelli che in questi anni hanno costruito qualcosa di unico, che hanno trovato in Guardiola il fuoco, la passione e l’anima, che li contraddistingue dagli altri nuovi ricchi, che puntano all’Europa.
Tutti ammirano il City: per la filosofia, per quello che è riuscito a creare, per la capacità di spesa combinata con la visione comune. Non sono le spese pazze del Chelsea, la collezione di figurine del PSG, tanto per citare due esempi. Sono diventati una realtà internazionale, pur non avendo una solida tradizione, grazie alla visione. In generale della società che poi si è sposata con il genio di Pep. Da quando è arrivato Pep, anche lui lo sa, vincere la Champions è diventato l’Obiettivo. Con la O maiuscola. E’ inutile nascondersi, pensare che si possa gestire anche la sconfitta. E’ vero, eventualmente sarà così. Ma ora il City non vuole pensarci. Perché l’occasione c’è e probabilmente migliore di questa non tornerà mai più. Soprattutto per tanti di loro. Questa è la speranza dell’Inter che invece arriva alla finale di Istanbul con una serenità addosso da fare invidia. L’Inter davvero non ha nulla da perdere, l’Inter sa di partire sfavorita, magari le basta non essere vittima sacrificale. L’Inter risponde al City del miliardo di euro con i parametri zero, con un bilancio che deve essere ancora messo a posto, addirittura con voci di cessione che aleggiano nell’aria. Ma ci è arrivata e ora se la vuole giocare. L’Inter ha tradizione, il popolo interista sa come si fa a vincerla. Sa che significa soffrire e sa che vuol dire essere pazzi. L’Inter - in fondo - si sente pronta alla follia. Perché tale sarebbe. Ma tutte le partite iniziano 0-0, tutte le partite si giocano 11 contro 11, tutte le partite durano 90minuti. Quello che succede dentro questi 90 minuti nessuno lo sa. E solo per questo vale la pena provarci, fino in fondo. Succeda quel che succeda.
E pensate che non abbiamo parlato di tecnica o di tattica in questo editoriale. Se la vedete da quel punto di vista non ci sarebbe partita. In campo ci va anche tanto altro. E diventa anche una questione di testa.
PS non abbiamo neanche parlato di Juve e Milan, avremo modo di farlo. Ma le sorprese che dovevano arrivare da Torino, sono state tutte rossonere.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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