L’Atalanta conosce finalmente la sconfitta. E lo fa nel modo peggiore: con una prestazione spenta, disordinata, lontana da quell’intensità che aveva salvato la faccia nei tanti pareggi delle ultime settimane. A Udine è arrivato il primo ko stagionale, ma soprattutto la sensazione di un’incompiutezza profonda, di una squadra che non riesce più a trovare sé stessa. L’imbattibilità, che finora aveva protetto psicologicamente il gruppo, è svanita — e paradossalmente potrebbe essere un bene, perché ora non ci sarà più nulla da difendere, solo da ricostruire.
CORAGGIO SMARRITO – Il problema più evidente non è tattico, ma mentale. L’Atalanta ha perso il coraggio, la leggerezza, la spregiudicatezza che erano il suo marchio di fabbrica. Juric è rimasto ancorato al suo dogma difensivo a tre anche quando serviva cambiare: a Udine, sotto di un gol, ha tolto il terzo centrale solo all’85’, troppo tardi per incidere. In passato, le stesse mosse avevano funzionato — a Cremona, per esempio — ma solo perché applicate subito. La squadra oggi appare lenta, contratta, prevedibile, incapace di rompere gli equilibri o di accendersi nei momenti chiave.
CENTROCAMPO IN AFFANNO, ATTACCO SPENTO – La crisi non è più solo di risultati: è di rendimento - esamina L'Eco di Bergamo -. A Udine, l’Atalanta ha perso anche la sua proverbiale solidità difensiva. Il centrocampo, privo di de Roon, è affondato: Pasalic e Ederson non sono riusciti a garantire ritmo e copertura, e i bianconeri hanno vinto ogni duello. In avanti, poi, il trio Samardzic–Sulemana–Scamacca non ha mai trovato una connessione, mentre i subentrati hanno deluso. È mancato tutto: precisione, cattiveria, idee.
I BIG NON TRASCINANO PIÙ – Le cause sono molteplici, ma il nodo centrale è uno: i leader non incidono più. Scamacca non ha ancora ritrovato la condizione dopo l’infortunio, Lookman sta lentamente rientrando nei giri ma resta lontano dal suo livello, De Ketelaere e Samardzic vivono di lampi, Ederson non ha ancora ingranato e de Roon paga il peso degli anni. Juric, per ora, non è riuscito a rianimarli, ma senza la spinta dei suoi uomini chiave la Dea non può tornare competitiva.
UN PASSO INDIETRO EVIDENTE – Contro l’Udinese non si è vista nemmeno la capacità di reagire, una delle poche qualità mostrate col Milan. Lì l’Atalanta aveva almeno avuto un sussulto dopo lo svantaggio, mentre sabato è rimasta inerme, senza ritmo, senza rabbia, senza gioco. Il passo indietro è stato netto, e la classifica ne risente: i nerazzurri rischiano di chiudere la giornata al dodicesimo posto, con un ruolino di marcia tra i peggiori degli ultimi dieci anni.
DOPPIO CROCEVIA: MARSIGLIA E SASSUOLO – A Zingonia l’aria è tesa e la consapevolezza piena: serve reagire subito. Il calendario non aspetta e propone due sfide che possono cambiare la stagione. Mercoledì, al Velodrome, servirà almeno un pareggio per restare agganciati alla Champions; domenica, contro il Sassuolo, sarà obbligatorio vincere per invertire la rotta in campionato. Due gare che valgono la fiducia in Juric, destinato a restare in panchina almeno fino alla sosta, ma sotto esame.
ORA SERVONO GLI UOMINI – La crisi non è strutturale, ma psicologica. L’Atalanta deve ritrovare i suoi riferimenti, lo spirito e il senso di appartenenza che l’hanno resa grande. Da qui a domenica si gioca una fetta di futuro: Marsiglia e Sassuolo diranno se questa Dea è ancora viva o se dovrà riscrivere da zero la propria stagione.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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