Sembrava una favola natalizia, con l'infermeria vuota e la squadra lanciata in classifica. Invece, il risveglio è brusco e porta con sé i fantasmi di un'emergenza che l'Atalanta sperava di aver archiviato. Il reparto arretrato, finora baluardo di certezze, si scopre improvvisamente fragile, stretto nella morsa tra la sfortuna clinica e gli obblighi internazionali. Raffaele Palladino si trova a dover gestire un puzzle difensivo complicatissimo proprio nel momento cruciale della stagione, con i pezzi pregiati che vengono a mancare uno dopo l'altro.
VERDETTO AMARO – Le sensazioni negative percepite durante la sfida col Cagliari hanno trovato purtroppo conferma negli esami strumentali. Per Berat Djimsiti si tratta di una lesione fasciale di primo grado del bicipite femorale destro. La diagnosi medica traccia un confine netto: il 2025 del difensore albanese è finito qui. Salterà sicuramente la trasferta di Genova e il big match contro l'Inter, con l'obiettivo di rientrare all'inizio del 2026. Le date cerchiate in rosso sul calendario sono quelle della sfida contro la Roma (3 gennaio), o più realisticamente quelle successive contro Bologna o Torino. Uno stop di circa tre settimane che, in tempi normali, sarebbe gestibile, ma che oggi pesa come un macigno.
LA COPERTA CORTISSIMA – A rendere la situazione critica è la concomitanza degli eventi. Mentre Djimsiti entra in infermeria, Odilon Kossounou prepara le valigie per la Coppa d'Africa (stesso destino di Lookman), lasciando Bergamo per un periodo che coprirà esattamente l'assenza dell'albanese, se non oltre. La matematica è impietosa: Palladino resta con quattro uomini per tre maglie. Ma il calcio non è solo aritmetica, è questione di incastri. A sinistra l'abbondanza è quasi un problema, con Kolasinac e Ahanor che sono alternativi l'uno all'altro per piede e posizione. Il vero buco nero si apre a destra: con Hien perno centrale inamovibile (smaltita l'influenza), manca il "braccetto" naturale per completare il terzetto.
L'ORA DI GIORGIO – Tutti gli indizi portano a un unico nome: Giorgio Scalvini. Il ragazzo di Palazzolo, reduce da un anno e mezzo da incubo tra la rottura del crociato, problemi alla spalla e continue noie muscolari, è chiamato a un rientro lampo. La sua stagione finora è stata un fantasma: titolare a inizio anno, poi sparito dai radar dal 17 settembre, con l'eccezione di una manciata di minuti sfortunati contro la Lazio a ottobre. Dopo tre panchine consecutive a scopo precauzionale, il tempo della gestione è finito. Ieri Scalvini ha anticipato tutti, allenandosi da solo a Zingonia mentre i compagni riposavano: un segnale inequivocabile. Serve la sua presenza, la sua classe e la sua fisicità già domenica a Marassi.
PIANO B E RISCHI – Se Scalvini non dovesse garantire i 90 minuti - prova ad analizzare l'emergenza difensiva L'Eco di Bergamo -, le alternative fanno tremare i polsi. L'esperimento di Ahanor centrale, visto sabato dopo l'uscita di Djimsiti, non ha convinto (errore sul gol sardo): il classe 2008 è un talento cristallino, ma è un esterno adattato, non un centrale fatto e finito. Restano le soluzioni d'emergenza estrema, quelle che un allenatore vorrebbe evitare: l'arretramento dello stakanovista de Roon sulla linea difensiva o, in ultima istanza, un cambio modulo con il passaggio al 4-2-3-1, schierando Hien e Kolasinac come coppia centrale. In ogni caso, la rincorsa di Scalvini è iniziata: mai come ora, il destino della difesa passa dai suoi piedi.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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