Ci sono legami nel calcio che superano la semplice condivisione del campo e diventano intrecci di vita, fili invisibili che uniscono destini e generazioni. Per Roberto Donadoni, Eugenio Perico non è stato solo un collega, ma un punto di riferimento familiare, un fratello maggiore che lo ha accolto e guidato. Dall'attuale panchina dello Spezia, Donadoni affida a L'Eco di Bergamo un ricordo intimo, fatto di pranzi casalinghi, coincidenze sorprendenti e lavori manuali finiti in risate che risuonano ancora oggi.

PASTA AL POMODORO E GENEROSITÀ – «Mi piace pensare a tutto quello che è stato per me – confida Donadoni con dolcezza – era una persona di cuore. Quando avevamo il doppio allenamento mangiavo a casa sua e sua mamma ci cucinava la pasta saltata al pomodoro con grande disponibilità». In quei momenti semplici si cementava un rapporto basato su valori solidi: «Eugenio aveva una generosità e un impegno che sopperivano a tutto». Destini che si rincorrono: «A Cagliari ho allenato suo figlio Gabriele e scopro che nel 1971 Eugenio era allo Spezia, dove sono adesso io. Fili di vita che si intrecciano».

L'IMPRESA DELLA GROTTA – Ma il ricordo più vivido e toccante è legato a un episodio di vita privata, lontano dai riflettori, a casa Perico a Curno. «Un giorno decise di costruire una piccola grotta per metterci a dimora una Madonnina. Lo aiutai nell'impresa», racconta Donadoni. Ma l'entusiasmo giocò un brutto scherzo: «Mi feci prendere la mano da buon muratore bergamasco e scavai più del dovuto. Lui me lo fece presente e ridemmo insieme per tanto tempo».

Un'immagine bellissima: due campioni sporchi di terra, uniti dalla fede e da una risata fraterna. È così che Donadoni sceglie di salutare il suo "fratellone" Eugenio.

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Sezione: Altre news / Data: Gio 18 dicembre 2025 alle 09:00
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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