Novecentoventitré giorni. Un'eternità sportiva, un abisso temporale che avrebbe spezzato la volontà di chiunque, ma non quella di chi ha ancora il fuoco sacro dentro. Alejandro "Papu" Gomez è tornato a respirare l'aria frizzante della titolarità, chiudendo a chiave nel cassetto dei brutti ricordi la squalifica di due anni per doping. Da Siviglia a Padova, il viaggio non è stato solo geografico, ma interiore. Oggi, l'ex numero 10 della Dea non è più solo il giullare dei social che faceva ballare il mondo, ma un uomo maturo, ferito e guarito, pronto a dimostrare che la classe non ha data di scadenza.

LA FAME DEL VETERANO – Chi pensava a un Gomez venuto in Veneto a svernare o a fare la comparsa di lusso, dovrà ricredersi in fretta. Le prime parole del fantasista argentino dopo il ritorno dal 1' minuto sono un manifesto di intenzioni bellicose. «La mia idea è chiara: voglio aiutare il Padova e portarlo più in alto possibile», ha tuonato il Papu in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport . La Serie B è un campionato indecifrabile, il regno del "non si sa mai", e accontentarsi della semplice salvezza non è nel DNA di chi ha alzato coppe internazionali. «Se possiamo puntare a qualcosa di più, molto meglio. Fisicamente mi sono sentito bene, ora inizia finalmente il mio vero percorso».

IL NO AL CIRCO MEDIATICO – C'è stato un momento in cui la tentazione di mollare il calcio vero per cedere alle sirene dello spettacolo è stata forte. La Kings League lo ha cercato, mettendo sul piatto cifre da capogiro. Ma Gomez ha detto no. «Mi avrebbero pagato tanto, ma non era per me», confessa con orgoglio. «Stavo facendo un sacrificio enorme per tenermi in forma, allenandomi da solo, facendomi da preparatore e mental coach. Non potevo andare lì e poi pretendere di tornare in B o in A: sarebbe stata una mancanza di rispetto verso il calcio». Una scelta di campo netta: la fatica vera contro lo show business.

L'INCUBO E LA LUCE – Il racconto dei due anni di stop è un viaggio nel dolore. Quando le luci della ribalta si sono spente, il telefono ha smesso di squillare e molti presunti amici si sono dileguati. «A volte le cose brutte servono per capire chi vuole starti vicino davvero», ammette amaramente. In quel tunnel buio, la moglie è stata il faro: «Ero entrato in un loop dal quale non riuscivo a uscire, ho dovuto chiedere aiuto. Lei mi ha indicato la strada». Oggi il Papu guarda ai social con distacco: quel mondo "finto" che lo aveva reso virale nel 2018 lo ha stancato. Ora contano solo i rapporti reali.

IL FILO CON BERGAMO E GASP – Nel suo nuovo capitolo padovano, il destino ha voluto intrecciare ancora la sua strada con Bergamo. Il suo allenatore, Matteo Andreoletti, è un bergamasco doc e un tecnico emergente di cui si parla un gran bene. «È un ragazzo molto intelligente, stiamo imparando a vicenda: io da lui e lui a gestire giocatori esperti». E inevitabilmente, il discorso scivola su Gian Piero Gasperini. «Gasp in dieci anni a Bergamo ha fatto scuola: oggi tutte le squadre giocano un po' così, va di moda». Anche se a Padova il modulo è diverso e il Papu deve adattarsi, l'impronta orobica resta un marchio di fabbrica indelebile.

Il Papu è tornato, ma non chiedetegli cosa farà da grande. «Sono un'anima libera, la routine per me è come la galera», scherza, ma non troppo. L'obiettivo è riprendersi il tempo rubato dalla squalifica: «Voglio godermi il calcio e, se tutto va bene, giocare ancora tre o quattro anni». La Serie B è avvisata: il talento non invecchia, matura soltanto.

Sezione: L'angolo degli ex / Data: Gio 18 dicembre 2025 alle 10:00
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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